Libia, il giorno in cui Tripoli si duplicò e si divise

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

Il 5 aprile 2016 potrebbe passare alla storia libica come il giorno che ha visto contemporaneamente un governo rassegnare le dimissioni e un parlamento duplicarsi. Nasce infatti, non senza ambiguità e reticenze, lo State Council: ovvero quella che dovrebbe essere la camera consultiva del futuro Governo di Unità Nazionale, nata dalla trasformazione consensuale del GNC. Aspettando una parola a riguardo dalle Nazioni Unite, la pratica sembra però non avere per il momento rispettato la teoria.

 

5 aprile 2016, a Tripoli si dimette il governo locale del Primo Ministro Khalifa Ghweil e una duplicazione del parlamento – nei termini che si spiegheranno a breve – sembrerebbe essersi creata nel giorno in cui si è tenuta la prima riunione dichiarata dello State Council con un quorum totale di, pare realisticamente, una settantina di componenti. In serata il General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) ha dichiarato di ritenere non valido il vertice e ha chiamato tutte le parti a rimettersi al giudizio della magistratura libica sulla legittimità dell’accordo politico e delle istituzioni che vi fanno riferimento.

 

Il GNC e lo State Council: dalla teoria alla pratica.

Lo State Council è la seconda camera libica prevista dagli accordi di Skhirat del 17 dicembre 2015, quella che a fine per lo più consultivo dovrebbe affiancare la House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) nel nuovo sistema istituzionale, unitario e transitorio, che ha il compito di condurre la Libia ad un pieno sistema costituzionale e democratico.

Di questa camera si erano avute fino ad ora poche e rade notizie, essendosi la tabella di marcia bloccata ad una diversa tappa, sino ad ora irrisolta: quella del consenso, da parte della HOR, alla proposta governativa presentata dal Consiglio Presidenziale di Fayez Serraj lo scorso gennaio.

Sulla carta lo State Council dovrebbe nascere – articolo 1 dell’annesso 3 degli accordi – dalla riunione di 145 componenti del GNC eletto alle prime elezioni del dopoguerra nel luglio 2012. Qui sembra che, invece, i componenti riunitisi sarebbero stati, come visto, in numero minore e sembra per altro che lo stesso presidente della camera tripolina Nuri Abu Sahmain non abbia preso parte all’assemblea, presieduta invece in modo molto tecnico dal deputato più anziano Abdul Rahman al Shater.

Al contrario, sarebbe stato invece presente Salah Makhzoum, uno dei componenti di quella delegazione del GNC presente a Skhirat il giorno della sigla dell’accordo e il cui operato venne poi rifiutato dal parlamento stesso, che non riconobbe il Consiglio Presidenziale frutto anche di quella sigla.

Ciò a cui si starebbe dunque assistendo, in seguito al comunicato serale citato qui in esordio, sarebbe una divisione del GNC, che pur non essendo nata oggi – ma risalendo almeno, come visto, alla firma degli accordi di Skhirat – proprio oggi potrebbe essersi realizzata pragmaticamente nella creazione, a Tripoli, di due assemblee: un GNC guidato da Nuri Abu Sahmain che si ritiene legittimo e che, prima di rimettersi alla magistratura, aveva recentemente proposto di accettare una versione modificata degli accordi e uno State Council che invece potrebbe ricadere appieno sotto la protezione di Fayez Serraj e del suo Consiglio Presidenziale, delle Nazioni Unite e degli accordi di Skhirat. Non è ancora chiaro chi sarà chiamato a guidare questa seconda assemblea.

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Lo State Council e gli accordi di Skhirat: un esordio del tutto legittimo?

In realtà la legittimità di questo State Council non sembra essere chiarissima e non è forse un caso che il rappresentante delle Nazioni Unite in Libia Martin Kobler, in visita alle autorità civili della Capitale proprio durante il vertice qui in questione, non ne abbia pubblicamente fatto parola durante tutta la giornata; diversamente, l’ambasciatore in Libia del Regno Unito, Peter Millett, ha esplicitamente salutato come un nuovo favorevole passo la prima seduta della nuova assemblea.

 

 

Secondo quanto sembra possibile apprendere, infatti, questa seconda camera avrebbe inteso emendare, durante la propria riunione, anche la Dichiarazione Costituzionale del 2011 inserendovi proprio il testo degli accordi di Skhirat, «a causa dell’assenza della HOR durante il processo», come è stato riportato.

 

 

Ma tutto questo non appare immediatamente comprensibile se si guarda alla lettera degli accordi di Skhirat, che per la prima riunione dell’assemblea stabiliscono per esempio l’unico compito dell’elezione del proprio presidente (art. 21). Altrove si legge poi che, «dovesse essere necessario introdurre successivi emendamenti alla Dichiarazione Costituzionale che riguardino, direttamente o indirettamente, l’Accordo o qualsiasi delle istituzioni che da questo derivano, la House of Representatives e lo State Council dovranno cercare di ottenere il consenso comune per concordare sulla forma di questi emendamenti. L’approvazione finale degli emendamenti dovrà essere data dalla House of Representatives, senza modifica, basato sul meccanismo stipulato dalla Dichiarazione Costituzionale» (art. 12 delle Provisional Addictions).

Non sembra dunque facile capire in base a cosa lo State Council possa legittimamente emendare la Dichiarazione Costituzionale al posto della HOR, che fino ad ora ha acconsentito a farlo solo in via di principio ma, come detto, si è arenata sulla convalida della proposta governativa. Secondo l’agenzia di stampa libica LANA, basata a Tripoli, Makhzoum avrebbe fatto riferimento, per dare legittimità all’assemblea, ad una sorta di manovra eccezionale decisa ai tempi delle sessioni del dialogo con la quale si sarebbe voluto evitare un eventuale stallo poi in realtà verificatosi: Makhzoum dichiarerebbe insomma che, visto che la HOR non raggiunge il quorum, questo quorum l’ha raggiunto al posto suo lo State Council. I dubbi rimangono. È opinione di chi scrive che fino a che non si avranno prove certe e definite di questa manovra eccezionale, i componenti dello State Council potrebbero anche trincerare le loro eventuali inadempienze nei confronti del testo noto dell’Accordo Politico proprio dietro questa manovra di emergenza tutta verbale; inoltre un’eventuale esplicita dichiarazione da parte della delegazione delle Nazioni Unite, mediatrici del dialogo e produttrici delle norme definitive dell’accordo, a questo proposito potrebbe aiutare a risolvere la situazione. A maggior ragione, quindi, pesa il silenzio mantenuto fino a questo momento sulla vicenda dall’organizzazione internazionale.

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Esecutivi e legislativi dopo la nascita del Governo Serraj di Accordo Nazionale.

Dopo l’arrivo di Serraj a Tripoli lo scorso 30 marzo, con la mancata opposizione armata delle milizie ostili e l’occupazione, per primo, del Ministero degli Esteri da parte delle forze a lui fedeli, un sito d’informazione notoriamente antitripolino come il Libya Herald aveva parlato di «dissoluzione» delle strutture governative locali, diffondendo la notizia di una fuga del Primo Ministro Khalifa Ghweil a Misurata. Un comunicato di quest’ultimo, però, riportato dal Libya Observer vicino, invece, agli ambienti della Capitale, aveva negato questo allontanamento, annunciando però che il premier si sarebbe rimesso alla decisione del GNC per il mantenimento o l’abbandono del potere. Adesso, accusando il GNC di inadempienza, il governo tripolino ha preso da solo l’iniziativa e si è dimesso autonomamente, ma va ricordato che in ogni caso gli accordi di Skhirat non lasciano alcuno spazio per l’esecutivo di Ghwail: a questo, come a Est quello di Abdallah al Thanni, non restano come soluzione implicita che le dimissioni in favore del futuro Governo di Accordo Nazionale.

 

 

Ciò che invece dovrebbe da previsione rimanere in piedi sono i due parlamenti: il GNC a Tripoli e la HOR a Baida, destinati a diventare le due camere del potere legislativo.

Ma una camera sembrerebbe essersi già divisa, mentre la seconda non riesce a votare la fiducia.

 

Aggiornamenti.

Dopo la scrittura di questo articolo, le situazioni relative allo State Council e alla crisi di governo a Tripoli si sono ulteriormente definite.

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Il 6 aprile, infatti, la Camera consultiva libica si è dotata di un presidente e di un primo vice presidente, rispettivamente Abdel Rahman Sawihli e Salah Makhzoum. Se la nomina di Sawihli è però stata sostenuta da una maggioranza di 53 voti contro 26 andati ad un altro candidato, la maggioranza che ha permesso a Makhzoum di ottenere la carica è stata molto più esigua: di appena due voti, 43 contro 41, i contrari divisi tra 33 non favorevoli e 8 astenuti. Il che appare un inizio sotto tono per uno dei maggiori promotori della Camera stessa.

Alla fine, seppure solo nella mattina del 6, anche le Nazioni Unite hanno riconosciuto la valenza dello State Council, salutato con favore dal loro inviato per la Libia Martin Kobler: il quale però, nel riconoscere la Camera, invita tutte le istituzioni al rispetto di quanto accordato a Skhirat. Sembrerebbe quest’ultima un’osservazione implicita alla questione dell’emendamento costituzionale che secondo il testo dell’accordo non spetta all’assemblea nata a Tripoli.

 

 

Giunge inoltre la notizia che il comunicato con il quale il governo di Tripoli rinunciava al potere sarebbe invece stato sconfessato da un altro comunicato, interno al governo stesso. Secondo il Libya Observer, il primo comunicato potrebbe essere stato un’operazione dei Ministeri della Giustizia e del Governo Locale.


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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