Arianna Vassallo, responsabile delle relazioni pubbliche di Aiesec presso Roma Tre, racconta a Frontiere News la sua non ordinaria esperienza ad Addis Abeba con i volontari dell’Aiesec. Potete seguire il “diario etiopico” di Arianna sul blog Two greedy eyes in Addis.
Da soli dieci mesi faccio parte della più grande organizzazione al mondo interamente gestita da studenti, Aiesec. La mia è la storia di una ragazza come tante che ha scoperto che anche a vent’anni si può migliorare il mondo. E soprattutto che a soli vent’anni esiste il modo per migliorare se stessi. La mia è la storia di una ragazza che in dieci mesi è cambiata perché ha conosciuto un ambiente e delle persone che le hanno permesso di crescere.
Ma non è la mia storia che voglio raccontare oggi. Quella che voglio raccontare è la storia di cinque ragazzi che hanno deciso di vivere un anno in Etiopia, ad Addis Abeba, perché il mondo vogliono cambiarlo sul serio e sanno di poterlo fare. Due italiane, una ceca, un ugandese e un ghanese. Età media ventitré anni. Sono coloro che gestiscono Aiesec in Etiopia, coloro che mettono una passione sfrenata in tutto ciò che fanno. Vivo con loro da quasi due settimane, in una casa che era vuota e che piano piano stanno riempiendo, così come ogni progetto che stanno facendo nascere. Ogni giorno vanno in giro per la città tra meeting e incontri con aziende, scuole, associazioni, grandi, giovani, piccoli, uomini e donne.
Grazie al loro impegno due scuole potranno finalmente utilizzare i tremiladuecento computer che possiedono e che sono fermi da mesi e mesi, solo perché non c’è mai stato nessuno capace di usarli. Arriveranno volontari da tutto il mondo che finalmente accenderanno i monitor bui e insegneranno ai piccoli studenti delle scuole come utilizzare uno dei mezzi più potenti al mondo.
Grazie alla loro passione i figli di centinaia di donne potranno finalmente ricevere un’ istruzione di base. Sono donne che lavorano ogni giorno, tessendo borse e sciarpe. Donne malate che col loro stipendio, se così si può chiamare, di circa dieci euro al mese riescono a stento a far mangiare i loro bambini. Ma non possono mandarli a scuola, non possono assicurargli un futuro. E allora arriveranno altri volontari da i vari angoli del pianeta per insegnare loro le basi dell’inglese e della matematica, mentre le sciarpe che le loro madri producono iniziano già ad essere protagoniste di un social business la cui strada si prospetta lunga migliaia di kilometri.
Centinaia di queste sciarpe infatti, a breve, verranno presentate al più grande congresso internazionale che Aiesec organizza, come simbolo dello sviluppo che dei giovani possono portare. Seicento delegati internazionali si riuniranno in Kenya come rappresentati di Aiesec del proprio paese, ma soprattutto come rappresentanti di un mondo giovane che vuole cambiare. E le sciarpe che Aiesec Etiopia presenterà fanno parte di questo cambiamento. Altre centinaia arriveranno in Italia in una grande azienda che le ha scelte come regalo di natale per le proprie dipendenti.
Grazie al loro coraggio, ogni giorno qui qualcosa sembra muoversi e cambiare forma. Stanno dando vita ai loro sogni, facendo prendere forma ai sogni di qualcun altro. Quel qualcuno che forse credeva che i sogni son tali perché non possono realizzarsi.
Quella che volevo raccontare è la storia di cinque ragazzi che fanno venir voglia di essere come loro. Col loro impegno, la loro passione e il loro coraggio.
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