Alle radici dei “London riots”

di Joshua Evangelista

Gli scontri di Londra hanno mostrato al mondo intero la vacuità del multiculturalismo all’inglese. L’uccisione del tassista Mark Duggan da parte della polizia ha palesato l’abbandono in cui vertono gli afro-caraibici della periferia londinese. Sono il 5% dell’intera popolazione della City, hanno le comunità etniche meno organizzate e sono i meno rappresentati in politica e nei media. Il 50% è disoccupato e non è una coincidenza che tra gli oltre duecento arrestati molti fossero adolescenti. Giovani e abbandonati al proprio destino, coerentemente ad una cultura della formazione che predilige l’isolamento al confronto (si vedano, ad esempio, i casermoni scolastici occupati unicamente da pakistani o unicamente da indiani).

L’altra, dolorosa, lezione che i riots partiti a Tottenham stanno insegnando è che rivolte e guerre di religione non sono sinonimi. Un concetto ovvio, penseranno i lettori di Frontiere News. Non è così, purtroppo, se teniamo in considerazione le campagne portate avanti negli ultimi anni dai media più populisti. Quando i disordini del 2005 nelle banlieu parigine fecero il giro del mondo, tanti commentatori condannarono l’islam in toto, spiegando che si trattava di una contrapposizione tra civiltà, tra un loro violento e anarchico e un noi civile e persino indifeso. Ma ben presto si capì che la religione non c’entrava nulla, il vero fulcro del malessere era la disoccupazione dilagante. E lo stesso si sta abbattendo a Londra, dove gli afro-caraibici sono per lo più cristiani.

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Cosa spinge allora così tanti giovani ad atteggiamenti violenti? Le risposte astratte le lasciamo agli psicologi e ai sociologi. Il quadro è in realtà piuttosto nebuloso ed è facile cadere nei luoghi comuni. Non va tralasciato l’opportunismo del gettarsi nella mischia e approfittare dei saccheggi di massa, come già era successo a New York qualche anno fa, quando nella Grande Mela ci fu un guasto elettrico che costrinse tutta la città al buio e nel delirio generale decine di negozi furono “ripuliti”.

Ma sarebbe un grave errore fermarsi a questa lettura: quando le persone odiano le proprie vite, la propria condizione, quando ci si sente abbandonati dalla società e da chi dovrebbe tutelare i più deboli, a quel punto non c’è più niente da perdere. Criminali e lavoratori, studenti e ragazzi di strada si ritrovano a vivere la stessa contingenza: il malcontento è trasversale e come un vortice ingloba tutto. Torti e ragioni, giustizia e malaffare diventano inscindibili.

Alla fine di questo grande rumore d’agosto, se e quando si ritornerà ad una calma pur sempre apparente, verrà il momento di risalire alla radice. Non si possono abbandonare interi sobborghi al proprio destino e sperare che tutto venga risolto tra di loro. Ma evidentemente secoli di colonialismo britannico, in cui i funzionari di Sua Maestà andavano a letto sereni perché lasciavano l’amministrazione locale ai soggiogati, non ha insegnato un granché.


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