“Io sono Li”: immigrazione all’insegna della poesia nel film di Segre

Zhao Tao, la bravissima attrice di fama internazionale che interpreta Li

di Luca Ortello

Shun Li è una giovane donna cinese che lavora in un laboratorio tessile a Roma per ottenere i documenti e per far venire in Italia il figlio di 8 anni. All’improvviso viene trasferita a Chioggia, piccola cittadina della laguna veneta, per lavorare come cameriera in un’osteria. Qui conosce il vecchio pescatore slavo Bepi, soprannominato “il Poeta”, col quale nascerà una sincera amicizia, fino a quando la comunità cinese di Chioggia e gli amici italiani di Bepi non iniziano a far circolare maliziosi pettegolezzi sulla relazione tra i due. Li e Bepi decidono di troncare le loro relazioni amicali, ostacolati da due mondi (quello cinese e quello italiano) troppo chiusi per comprendersi a vicenda.

Presentato alle Giornate degli Autori Venice Days alla 68ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film di Andrea Segre segue, quasi a livello documentaristico, la quotidianità di una donna cinese come tante in Italia, le sue speranze, le sue illusioni, ma anche le sue piccole gioie (come l’attesa dell’arrivo del figlio, l’amicizia con un altro immigrato e la festa delle barchette drago in onore del poeta Qu Yuan).

La poesia, in questo film, ha un ruolo fondamentale: Li cita più volte i magnifici versi di Qu Yuan (340- 278 a.C.), uno dei primi e più importanti poeti cinese, in onore del quale, tutt’oggi, vengono lasciate galleggiare in acqua barchette di carta rossa; accanto al maestro di Chu, troviamo Bepi, soprannominato il Poeta per via della sua passione per le rime semplici ed efficaci. Andrea Segre risalta la funzione onirica e salvifica della poesia, come mezzo per continuare a sognare e sperare in un mondo troppe volte ostile e ottuso, che non riesce ad accettare senza malizia il germogliare di un’amicizia tra un uomo e una donna, un anziano e una giovane che condividono una vita intrisa di nostalgie, ricordi e sogni mai realizzati, ma con lo sguardo sempre proteso verso il futuro.

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Molto suggestive e ben curate le inquadrature del film, in cui acqua, fuoco, terra e persone formano una realtà inscindibile (da ricordare quando Chioggia è allagata dall’acqua della laguna, o quando Li accende delle piccole candele sulle barchette che vengono poste e dolcemente sospinte nel mare). E il finale, esteticamente molto suggestivo, in cui l’acqua e il fuoco – i due elementi di contrasto per eccellenza- sembrano volersi riappacificare e trovare un equilibrio di ricongiungimento tra una vita che continua (quella di Li) e una vita che finisce (quella di Bepi).


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