Terza biografia irriverente del ciclo “I ritratti del potere”. Dopo Ahmadinejad e Sarkozy oggi ci occupiamo dell’osannatissimo leader venezuelano.
testo di Valentina Severin – immagini di Andrea Gatti (potete accedere ad altre sue produzioni su agatti.com e digitalportraits.biz)
Hugo Rafael Chávez Frías, leader della rivoluzione bolivariana che “ha portato pace e prosperità al Venezuela”, nonché Presidente del Paese sudamericano dal 1998, nasce a Sabaneta, nello stato di Barinas, il 28 luglio 1954.
INFANZIA E STUDI– Il padre, Hugo de los Reyes Chávez, è un maestro rurarle e, a causa delle difficoltà economiche, è costretto ad affidare due dei figli, Hugo e il fratello maggiore Adan, alla nonna Rosa Inés. Hugo cresce, quindi, in una delle tipiche casette da indio, costruite di paglia e fango secco. E sarà l’esperienza concreta della povertà vissuta nell’infanzia a spingere Hugo a farsi promotore della battaglia contro la fame del proprio Paese.
All’età di 17 anni Hugo decide di arruolarsi nell’Accademia Venezuelana di Arti Militari e si laurea in Scienza e Arti Militari. Dopo alcuni mesi di servizio di leva, capisce che nonostante la laurea in Scienza e Arti Militari la vita frenetica e sacrificata del soldato non fa per lui. Si iscrive allora alla facoltà di Scienze politiche dell’Università “Simόn Bolívar” di Caracas, ma l’ateneo non è pronto ad accogliere un figlio così dotato, perciò Hugo molla tutto senza ottenere la laurea.
L’ILLUMINAZIONE – Il periodo passato tra le aule della facoltà di Scienze politiche, però, dà a Hugo il la per sviluppare un pensiero politico tutto suo. Ed ecco pronta una bella dottrina nazionalista di sinistra nuova nuova, che Hugo e suoi amichetti chiamano “bolivariana”. A dirla tutta, non è proprio nuova, questa dottrina, perché si ispira un po’ alla filosofia Panamericanista del rivoluzionario venezuelano dell’Ottocento Simόn Bolívar e un po’ all’influenza del presidente peruviano Juan Velasco Alvarado, ma anche al pensiero di vari ideologi comunisti e socialisti, come Marx e Lenin. Insomma: un bel minestrone.
PASSATEMPI – All’università Hugo si diverte proprio tanto e non si comprende per quale motivo non sia riuscito a laurearsi. Oltre a seguire i corsi, si dedica a diverse attività culturali e, in particolare, sotto la propria scorza dura scopre un’eccezionale vena poetica. Racconti, opere teatrali, poesie: le parole scivolano sotto la penna di Hugo con la stessa facilità con cui un imbranato scivola su una buccia di banana. Ma Hugo non è solo rime baciate, è anche un campione di baseball e softball, tanto che arriva a gareggiare anche ai campionati nazionali. Insomma, non c’è niente che Hugo Chavez non sappia fare. Per questo si improvvisa politico.
ESORDI POLITICI – Ormai completamente assorbito dal pensiero di Bolívar e dal suo concetto di integrazione e costruzione della Grande Colombia, composta da Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, anche Hugo si sente Libertador e comincia a mettersi nei guai. Forte della propria nuova ideologia politica e del suo sentirsi fiero Libertador, infatti, non risparmia di far sapere a destra e a manca che non condivide le azioni repressive dell’Esercito, che in quel periodo viene impiegato come estensione della Polizia. Ciononostante sviluppa la sua ideologia proprio all’interno delle Forze Armate, con la nascita, nel 1983, del Movimento Bolivariano MBR-200, nelle cui file Hugo racimola soprattutto cadetti della “Promozione Simón Bolívar” usciti dalle scuole militari nel 1975.
IL COLPO DI STATO – Nel 1991 Hugo viene promosso al grado colonnello e, per festeggiare, il 4 febbraio dell’anno seguente, si cimenta in un colpo di Stato per rovesciare il Presidente Carlos Andrés Pérez. Un fallimento su tutta la linea, che secondo le voci ufficiali del Ministero della Difesa, provoca quattordici morti e conquantatré feriti. Chavez viene arrestato e imprigionato, ma il suo ego si riempie di orgoglio quando scopre che il piccolo incidente gli ha fatto guadagnare la simpatia di un ampio movimento popolare. Grazie a un’amnistia, nel 1994 Hugo torna libero, ma deve abbandonare le Forze Armate. In carcere Hugo ha tutto il tempo per riflettere per bene e mettere a fuoco la propria traiettoria politica, che lo porta a vincere le elezioni del 1998.
VITA PRIVATA – Della sua vita privata non è dato sapere granché, ma è noto che tra il parto di una nuova ideologia e un colpo di Stato, Hugo trova anche il tempo di sposarsi due volte e regalare al mondo quattro Chavez in miniatura: Rosa Virginia, María Gabriela, Hugo Rafael e Rosinés. Tutavia forse perché troppo innamorato di se stesso e delle proprie idee geniali, entrambi i matrimoni naufragano, un po’ come il tentativo di rovesciare Pérez.
LE ELEZIONI DEL 1998 – Nel 1997, cavalcando l’onda del successo ottenuto con l’arresto, Chavez fonda un partito politico tutto suo, il Movimento Quinta Repubblica (MVR), con il quale si presenta alle presidenziali del 1998 e vince con il 56,2% di voti. La sua campagna elettorale si basa su temi assolutamente inediti: una nuova costituzione che permetta di rifondare il Paese, passando dalla “Quarta” alla “Quinta Repubblica”, e lotta agguerrita alla corruzione e al degrado morale, anch’essi subordinati all’idea di una nuova Carta Costituzionale e del rinnovamento dei poteri dello Stato. E subito dopo il giuramento del 2 febbraio 1999, Chavez si tira su le maniche e inizia la realizzazione del proprio programma, indicendo il primo referendum nella storia del Venezuela pEr chiedere il consenso dei cittadini alla stesura di una nuova costituzione. Referendum e votazioni per l’elezione dei membri dell’Assemblea Costituente sono un successo e nel dicembre 1999 nasce la nuova Costituzione venezuelana, confermata da un altro referendum. Sulla carta viene data maggiore attenzione ai diritti umani e si passa da una democrazia rappresentativa a una “Democrazia Participativa y Protagónica”. Viene istituito un “referendum revocatorio” per tutte le cariche elettive, anche quella presidenziale, nella seconda metà del mandato e il nome del Paese viene mutato in “Repubblica Bolivariana del Venezuela”. Per ricompensarlo dello sforzo fatto, al Presidente viene regalato un anno di mandato in più, con la possibilità di una sola rielezione.
RIVOLUZIONE BOLIVARIANA PACIFICA – Approvata la nuova Costituzione, tutte le cariche vengono sottoposte al voto popolare e Chavez, neanche a dirlo, viene riconfermato con il 59,5% dei voti. Anche il Parlamento cambia nome – e stupisce il fatto che il Presidente abbia tenuto il proprio – diventando “Assemblea Nazionale”. Si apre così quella che Hugo ha poeticamente denominato “Rivoluzione Bolivariana Pacifica”, fondata su un socialismo nazionale e democratico, e a riprova del fatto che il nuovo Governo si batte contro la corruzione, al Ministero dell’Educazione troviamo il fratello maggiore del Presidente, Adan, che diventa poi governatore dello Stato di Barinas. Un altro fratello, Narciso, è invece plenipotenziario, ovvero responsabile degli accordi tra Cuba e Venezuela, mentre Anibal è sindaco di Sabaneta, paese natale della famiglia Chavez. Infine, Argeny è consigliere d’amministrazione di una banca privata, la Sofitasa, che gestisce – guarda un po’ – alcuni fondi del Governo. Nella “Rivoluzione Bolivariana Pacifica” rientra anche il lancio delle “Missioni Bolivariane”, che hanno l’obiettivo di combattere le malattie, l’analfabetismo, la malnutrizione, la povertà e altre piaghe che colpiscono gran parte della popolazione venezuelana.
RAPPORTI CON IL VICINATO – In politica estera, Chavez ha le idee chiare e si schiera contro l’imperialismo e contro la globalizzazione di stampo neoliberista, eleggendo gli Stati Uniti a proprio nemico numero uno. Il 30 gennaio 2005, al Convegno internazionale del Social Forum a Porto Alegre (Brasile), il Presidente venezuelano offre il proprio aiuto alla causa no-global e si dichiara favorevole a un socialismo patriottico e democratico, che “deve essere umanista e deve mettere gli esseri umani e non solo le macchine in condizioni di superiorità nei confronti di tutto e di tutti”. Fedele alla lezione del suo idolo Bolívar, Chavez si dà da fare per rafforzare l’Organización de Países Exportadores de Petróleo (OPEP, OPEC in inglese) e bussa a tutte le porte dei governi sudamericani per invitarli a collaborare alla promozione di modelli di sviluppo alternativi. Il suo sogno nel cassetto è quello di integrare tra loro i Paesi dell’America Latina attraverso l’ Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe (ALBA), creata in contrapposizione all’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) voluta dagli americani cattivi. Anche perché, da quando il Venezuela è diventato amico intimo di Cuba e i due hanno cominciato a scambiarsi barili di petrolio come fossero caramelle, gli Stati Uniti hanno preso decisamente in antipatia Hugo. D’altra parte il piccolo Hugo non fa niente per piacere agli americani e, anzi, si sceglie tutti amici che agli yankee non vanno proprio giù. Come il Presidente iraniano Ahmadinejād o il defunto raìs libico Gheddafi.
UNA POLITICA DI SUCCESSO – L’importante è che Chavez piaccia ai suoi venezuelani. E così dev’essere, se è stato riconfermato presidente nel 2006. In sette anni di governo del nuovo Libertador il Paese è stato dichiarato libero dall’analfabetismo, libero dalle malattie, libero dalla fame e libero dalla disoccupazione. Insomma, un successone. È incomprensibile, dunque, come dall’inizio della “Rivoluzione Bolivariana Pacifica” il tasso di omicidi sia quasi triplicato e Caracas sia diventata la terza capitale più violenta del Sud America, con la polizia coinvolta nei crimini. Le malelingue accusano Chavez di essere un populista autoritario e alcuni economisti, invidiosi del suo successo, insinuano che la politica economica del Libertador, caratterizzata da forti spese sociali e misure monetarie di tipo espansivo, in realtà si affetta da una iperinflazione, mascherata dal controllo dei prezzi. I venezuelani, però, non prestano ascolto a questi giudizi di poco conto: perché lo avrebbero rieletto, altrimenti? Anzi, c’è chi è pronto a giurare che Chavez sia un vero e proprio rivoluzionario socialista, completamente impegnato nella promozione e nella difesa della giustizia sociale. È vero che lo hanno pizzicato qualche volta in compagnia dell’imperialista Naomi Campbell e che mastica coca come se fosse chewing-gum. Ma nessuno è perfetto!
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