Il governo del Pakistan ha stilato una lista di termini proibiti nello scambio di sms. Circa 1500 parole sono state vietate in quanto ritenute indecenti o offensive. Nella blacklist ci sono anche termini come “taxi” (che viene spesso utilizzato per riferirsi alle prostitute), “lingua”, omosessuale”, “preservativo” e “buco”. Per evitare di incorrere nel reato di blasfemia sono stati proibiti anche termini religiosi come “Gesù Cristo” o “Satana”.
Nella nota dell’Autorità pachistana delle Telecomunicazioni si legge che “la decisione è stata presa per arginare il fenomeno dello spam dopo le lamentele dei consumatori”.
Ma come l’hanno presa i consumatori stessi che, in teoria, sarebbero “beneficiari” del provvedimento? Non molto bene, specialmente quelli cristiani. P. John Shakir Nadeem, segretario della Commissione per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale, ha infatti dichiarato che “la Chiesa cattolica del Pakistan farà tutte le pressioni del caso sul governo perché elimini il nome di Cristo dalla lista proibita”.
“Comprendiamo il desiderio di tutelare le menti dei giovani, segnalando una lista di parole oscene”, continua il segretario. “Ma perché includere il nome di Cristo? Cosa ha di osceno? Bandirla è una violazione del nostro diritto di evangelizzare e ferisce i sentimenti dei cristiani. Se il divieto venisse confermato sarebbe davvero una pagina nera per il paese, un ulteriore atto di discriminazione verso i cristiani e una aperta violazione del Costituzione del Pakistan. Speriamo che il governo faccia le opportune correzioni”.
Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani e delle libertà dei cittadini, come Bytes For All, non hanno gradito la decisione in quanto violerebbe “il diritto alla libertà di parola e di espressione”, considerandola “una intrusione nella privacy dei cittadini non solo oppressiva ed egemonica, ma anche incostituzionale”.
Accuse gravi e precise. L’Autorità delle telecomunicazioni risponde, senza scomporsi più di tanto, che “la libertà dei pakistani è soggetta alle limitazioni previste dalla legge, nell’interesse della gloria dell’Islam”.
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