di Federica Marsi
Secondo l’ultimo sondaggio nazionale condotto dal Wall Street Journal e dall’NBC, Herman Cain, candidato afroamericano in corsa per le primarie repubblicane del 2012, ha sorpassato l’ex favorito Mitt Romney, in seconda posizione con il 23% delle preferenze contro il 27% di Cain. Da businessman sconosciuto ai più, Herman Cain è diventato famoso tra l’elettorato americano per i commenti schietti, una campagna elettorale semplice e per il suo libro “This is Herman Cain!”, diventato un best seller nelle librerie americane. Oggi Cain sembra sempre più vicino a strappare a Barack Obama non solo il ruolo di presidente, ma anche quello di icona di “self-made man” che incarna il sogno americano.
La biografia di Herman Cain è di un imprenditore di successo che, dopo una laurea in matematica e un Master in informatica, viene assunto da grandi imprese come Pillisbury e Coca Cola, per poi prendere le redini di Burger King e risollevarne le sorti con il così detto “beamer program”, che incoraggia gli impiegati a far sorridere i clienti sorridendo loro stessi. L’iniziativa gli frutta la nomina a direttore esecutivo della catena di ristorazione Godfather’s Pizza, il cui successo è forse in parte dovuto all’ambiente scherzoso documentato da un video del 1991, in cui un Herman Cain in versione John Lennon canta Imagine there’s no pizza. Oltre a quelle di manager, Cain ha anche buone doti oratorie, avendo condotto il programma radiofonico “The Herman Cain Show”, trasmesso dalla stazione radio WSB.
I critici hanno sottolineato la sua scarsa, e per lo più fallimentare, esperienza politica. Nel 2004 Cain si candida al Senato in Georgia ma perde le primarie, mentre nel 1993 si schiera pubblicamente contro la riforma sanitaria proposta da Clinton, criticandone l’effetto sulle piccole imprese.
Per le primarie repubblicane del 2012, Herman Cain deve usare il suo talento nel marketing per vendere agli americani il suo piano economico, battezzato 9 – 9 – 9. Il piano mira a rilanciare l’economia e l’occupazione fissando al 9% le tasse di aziende (ora al 35%), redditi delle persone fisiche e Iva. Secondo Cain, creare una nuova tassa sui consumi accresce la libertà individuale. In questo modo, l’ammontare delle tasse da pagare dipende da quanto il consumatore compra, secondo il principio “meno compri meno paghi le tasse”. Viceversa, tassare i risparmi e non i consumi equivarrebbe a tassare la crescita, perché sono i risparmi che portano gli investimenti.
Il Tax Policy Center ha criticato la proposta, sostenendo che il piano permetterebbe a 23 mila milionari di non pagare le tasse sul reddito, portando ad un aumento del debito di 11 miliardi di dollari l’anno. Lawrence Mishel, presidente dell’Economic Policy Institute di Washington, ha dichiarato che la tassa sul consumo si ripercuoterebbe in maniera sproporzionata sui redditi medio bassi, che spendono una percentuale più elevata del loro reddito.
La semplicità del piano economico presentato da Cain è uno dei punti di forza che hanno favorito la crescita della sua popolarità tra l’elettorato americano. Dall’altro lato però, la carenza di dettagli ha messo Cain in difficoltà davanti a domande tecnicamente più specifiche. A fronte della promessa di permettere alle aziende di detrarre l’acquisto di nuovi macchinari dalla tassa del 9%, a patto che questi fossero di fabbricazione statunitense, Cain non ha saputo cosa rispondere quando gli è stato domandato che cosa sarebbe successo se alcuni componenti del macchinario fossero stati di provenienza straniera.
Il secondo punto cardine su cui si sta giocando la corsa alle primarie è la politica estera. Fedele alla retorica repubblicana, Cain ha ribadito che l’obbligo primario del presidente degli Stati Uniti è quello di proteggere i propri cittadini e garantire la sicurezza nazionale. A saltare all’occhio è però l’espressione “nazioni terroriste”, tanto generica quanto (ancora una volta) politically incorrect. Queste nazioni, gelose di “un popolo libero e prospero” che è “l’invidia del mondo”, starebbero cercando di distruggere il popolo americano perché minacciate dai suoi ideali e dalla sua ricchezza.
Il compito dell’America è quindi quello di “usare la diplomazia come strumento critico nella soluzione dei problemi di sicurezza, senza però sacrificare l’uso militare della forza”. A far guadagnare a Cain in nomignolo di “candidato islamofobo” è però un’intervista rilasciata a Christianity Today, in cui dichiara di non essere disposto a nominare un musulmano nella sua amministrazione. “Basandomi sulla scarsa conoscenza che ho della religione musulmana, il loro obiettivo è quello di convertire tutti gli infedeli o ucciderli”. L’argomento è stato affrontato nuovamente in un’intervista all’emittente televisiva americana Fox News e, nonostante Cain si sia mostrato disposto a valutare i singoli musulmani caso per caso, il candidato repubblicano ha ribadito che non si sentirebbe a suo agio ad avere nell’amministrazione un’esponente di questa fede: “Dovrei avere persone completamente dedite alla Dichiarazione di Indipendenza e alla Costituzione degli Stati Uniti. Molti musulmani non sono totalmente devoti a questo paese. Non sono devoti alla nostra Costituzione. Molti di loro stanno cercando di imporre la Sharia alle persone di questo paese”.
A far discutere sulla sua preparazione in campo di politica estera è anche la risposta data a un giornalista che chiedeva chi fosse il presidente dell’Uzbekistan: “Quando mi chiederanno chi è il presidente dell’Ubeki-beki-beki-beki-stan-stan, io dirò: “Sai che c’è, io non lo so, tu lo sai?” E poi aggiungerò: “E dimmi, saperlo mi aiuterà a creare più posti di lavoro?” Voglio concentrarmi sulle priorità di questo paese. Non su qualche piccolo e insignificante paese del mondo”.
In tema di immigrazione, Herman Cain si dice favorevole all’accoglienza di immigrati legali, che arricchiscono culturalmente il paese, e fortemente deciso a combattere l’illegalità, che sta minando “la sicurezza e il benessere dei cittadini americani”. La ricetta di Cain è controllare i confini, assicurare il rispetto delle leggi e promuovere i percorsi che portano all’ottenimento della cittadinanza. In un discorso tenuto davanti a sostenitori del Tea Party in Tennessee, Cain si è detto intenzionato a costruire una barriera al confine con il Messico: “Quando sarò in carica, avremo una barriera. Sarà alta 20 piedi (6 metri) e avrà del filo spinato in cima. E sarà elettrificata. E ci sarà un cartello dall’altra parte che dice che ti ucciderà”. Quando gli è stato chiesto di chiarire, ha definito la sua dichiarazione uno scherzo. Comunque sia Cain non fa mistero di essere favorevole all’uso di armi contro gli immigrati: “E’ insensibile da parte loro uccidere i nostri cittadini, uccidere degli agenti alla frontiera. Questo è insensibile”.
Ciò che distingue Herman Cain è il suo essere un candidato antipolitico, lontano dall’ipocrisia dei giochi di palazzo, e di questo ne ha fatto il suo cavallo di battaglia. Lo stesso spot di Cain, molto popolare negli Usa, rispecchia la sua icona politically incorrect. Il video mostra Mark Bloch, capo dello staff, tessere gli elogi del suo candidato, alla fine dei quali tira una grande boccata di fumo da una sigaretta, cosa piuttosto insolita se si considera che i politici americani sono da sempre molto attenti a tenersi alla larga da comportamenti considerati sbagliati o diseducativi per gli elettori. I più maliziosi interpretano il video come un messaggio a favore del fumo dettato dai legami di Cain e Block con l’industria del tabacco, mirato a far discutere e ad accrescere la popolarità del candidato. Sicuramente il video è l’ennesima dimostrazione del nuovo corso che Cain intende far prendere alla politica statunitense. L’America non ha bisogno di uno Stato-mamma che si infila negli affari privati delle persone, a Cain non importa se fumate. Quello di cui l’America ha bisogno, dice Block, è un leader che “ha creato lavoro per 40 anni e che ha capito la grandezza dell’America”. Un messaggio chiaro, semplice e, a quanto pare, efficace.
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