A cura di Joshua Evangelista, Francesco Caselli e Valerio Evangelista
Attivisti, blogger, filantropi. Ma anche semplici cittadini che nel momento della necessità non hanno esitato a dare se stessi per cause più grandi di loro, anche al costo della vita. Dalla Primavera araba, dal mondo dell’associazionismo e dalla vita di tutti giorni, abbiamo scelto venti persone, a nostro avviso eroiche, che con le loro vite e le loro azioni hanno caratterizzato in positivo questo 2011. Dopo gli eroi delle scorse puntate (Arrigoni, Bouazizi, Calloni, Dimiceli e Djokovic – Ali Ferzat, Leymah Gbowee, Wael Ghonim, Anna Hazare, Qais el Hileli), oggi parleremo di Takeshi Kanno, Derreck Kayongo, Tawakkul Karman, Robin Lim e don Giacomo Panizza.
Takeshi Kanno
Selezionato dalla rivista Time come uno dei 100 uomini più influenti del 2011, Takeshi Kanno, 31 anni, medico, ha sempre saputo che nella sua vita avrebbe aiutato le persone, ma non come è accaduto l’11 marzo dove ne ha salvate tante in una sola volta. Takeshi era di servizio presso l’ospedale pubblico di Shizugawa nella città giapponese di Minami Sanriku quando ha sentito l’allarme tsunami. Immediatamente ha iniziato a soccorrere i feriti all’interno dell’edificio e ha rifiutato dopo il terremoto di lasciare da sole le persone che aveva aiutato, rimanendo per tre giorni di seguito all’interno della struttura, rischiando la propria vita in favore del prossimo. Un uomo sconosciuto, diventato un eroe.
Derreck Kayongo
Quando ha lasciato l’Africa per raggiungere Atlanta non era che un bambino pieno di sogni e determinazione. La stessa indole coraggiosa e visionaria lo ha accompagnato nel suo intero percorso di vita. Derreck Kayongo, nella sua consolidata esperienza di leadership in diverse Ong (American Friends Service Committee, Amnesty International, Care International, ecc.), è oggi un punto di riferimento per chi si affaccia nel mondo della sostenibilità ambientale, dell’attivismo, dell’imprenditoria sociale e del no-profit. Nel 2009 ha avviato, insieme alla moglie, The Global Soap Project per “mettere una saponetta nella mano di ogni bambino che non può permettersela”. Utilizzando saponi scartati dagli alberghi, seppur del tutto nuovi, Derreck Kayongo è riuscito a consegnare fino a oggi circa 9000 saponi nello Swaziland, 5000 in Kenya, 10000 in Ghana, 1000 in Uganda e altri 3000 a Haiti.
Tawakkul Karman
Appartiene alla branca yemenita dei Fratelli Musulmani e dal 2005 guida il gruppo umanitario “Giornaliste senza catene”, da lei creato. Stiamo parlando di Tawakkul Karman, tra i membri più attivi della resistenza popolare contro il governo autoritario di Ṣāleḥ e organizzatrice del “giorno della collera” del 3 febbraio 2011. Arrestata più volte nel corso di cortei di protesta, si è scagliata duramente anche contro l’ingerenza di Stati Uniti e Arabia Saudita, dichiarando che sono loro, e “non il popolo yemenita e le sue istituzioni costituzionali, che controllano il Paese”. Nel 2011 ha ricevuto assieme alle liberiane Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee il Premio Nobel per la pace “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell’opera di costruzione della pace”.
Robin Lim
Dal 1994 si batte contro la povertà e la malnutrizione per garantire una gravidanza sana, un parto sereno, un’assistenza affettuosa e competente, un’accoglienza felice del nuovo nato e per difendere i diritti riproduttivi delle donne. Ibu Robin Lim, chiamata “ostetrica dai piedi scalzi”, è direttrice esecutiva dell’associazione no profit Yayasan Bumi Sehat (in cui operano insegnanti, ostetriche, infermiere, medici e volontari internazionali). Donna dalle molteplici radici (la sua genealogia è filippina, cinese, tedesca e irlandese), subito dopo lo Tsunami del 2004 ha fondato una seconda clinica ad Aceh, vicino all’epicentro; è stata tempestivamente attiva anche a Yogyakarta nel terremoto del 2006, a Padang in quello del 2009 e a Haiti nel gennaio 2010, dove ha fondato una terza clinica. Tre i principi delle spedizioni sanitarie della Lim: rispetto delle culture, della natura e delle scienze mediche In una frase: “Guarire la terra, un bambino alla volta”.
Don Giacomo Panizza
Non è abituato a sentirsi chiamare eroe, semmai nemico “del locale”, così chiamato l’organismo a livello territoriale su cui si articola la ‘ndrangheta. E’ Don Giacomo Panizza, il sacerdote originario di Pontoglio che dal ’76 opera in Calabria con la comunità Progetto Sud, contro le cosche della ‘ndrangheta. Inarrestabile, un guerriero, il sacerdote è sotto il mirino della mafia calabrese dal 2002, quando prese in gestione un palazzo confiscato ad una famiglia mafiosa. Da allora è sottoposto ad un programma di protezione e non si ferma di fronte a niente, neanche davanti l’ultimo attentato di Natale, dove è stata colpita la struttura nella quale opera. Dopo aver saputo dell’esplosione dell’ordigno, Don Giacomo Panizza ha detto con lucidità: “L’impegno prosegue”.
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- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
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