di Giuliano Luongo
Dopo le tensioni dello scorso settembre e la successiva tendenziale situazione di stallo, i giorni a cavallo tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 hanno visto riaprirsi con un certo margine le possibilità di dialogo tra Russia e Ucraina nell’ambito dell’annoso tema dei contratti per le forniture di gas.
Gli screzi erano derivati dalla volontà del governo di Kiev di rinegoziare gli accordi di fornitura firmati nel 2009 sotto la legislatura Tymoshenko, ritenuti troppo onerosi sia dal punto di vista dei costi che da quello delle quantità acquistate. Dal canto suo Mosca era per il rispetto degli accordi – di durata decennale – con una minima apertura al cambiamento, esclusivamente vincolata all’eventuale adesione dell’Ucraina ai progetti russi di unione doganale.
Il raffreddamento dei rapporti tra Kiev e l’Unione Europea dovuto alle “disavventure” giudiziarie di Yulia Tymoshenko – sfruttate da Bruxelles per giustificare la mancata intenzione di finanziare la ristrutturazione del sistema trasporto gas ucraino (GTS) – ha contribuito a sbilanciare l’equilibrio delle trattative a sfavore dell’Ucraina, che si è in effetti trovata senza un possibile “supporto esterno” nei negoziati con Mosca. Inoltre la messa in funzione del gasdotto Nord Stream, progettato per aggirare il territorio ucraino collegando con una condotta sottomarina Russia e Germania, ha ulteriormente contribuito a indebolire la posizione ucraina.
A fine 2011, un’interessante prospettiva sembra aver aperto la strada al possibile sigillo dell’accordo tra i due Paesi ex-sovietici: quella di creare un consorzio per la gestione del transito del gas. Un primo tentativo di accordo era stato perseguito il 21 dicembre, ma l’incontro tra Putin e il suo omologo ucraino Azarov aveva portato come unico risultato un accordo di “non belligeranza energetica”: vale a dire, nessun taglio repentino del gas come negli anni passati. I negoziati sono stati ripresi a ridosso del capodanno quando per il raggiungimento dell’accordo, stando al CEO di Gazprom Alexei Miller, il governo di Kiev avrebbe chiesto uno sconto – a volume di gas invariato – di 9 miliardi di dollari all’anno. Nell’accordo rientrerebbe anche la ristrutturazione del GTS ucraino da parte di Mosca, azione alquanto dispendiosa stando a quanto analizzato da Gazprom, che per mettere in atto i necessari upgrades dovrebbe sobbarcarsi dei costi oscillanti tra i 2 e gli 8 miliardi di dollari.
Si vocifera inoltre che un’altra condizione imposta da Mosca per il completamento degli accordi sia quella della privatizzazione della compagnia nazionale del gas ucraina (NAK Naftogaz), nella quale la Russia è altamente interessata ad avere una quota di controllo. Le trattative rimangono comunque aperte, senza una data precisa per la loro conclusione: resta in ogni caso forte l’impressione che nel prossimo futuro l’influenza russa sul suo vicino continuerà a sentirsi più forte, tra il plauso di alcuni e lo sconforto di altri.
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