Breivik: “Non sono matto, gli psicologi vogliono screditare il mio gesto”

Anfers Behring Breivik, punta il dito contro gli psichiatri. Al processo di Oslo per il massacro, lo scorso luglio, di 77 persone, il killer difende la propria sanità mentale, dopo che la perizia ufficiale lo ha dichiarato «schizofrenico paranoico». «Forse non è tutta in malafede, ma è del tutto falsa», ha argomentato in aula. Gli psichiatri avrebbero un solo scopo: «screditarlo».

Si tratta di un punto fondamentale per Breivik, anzi del punto centrale di tutta la sua strategia nella sua arringa. Anzitutto per il significato del suo «gesto», che egli definisce un «attacco preventivo contro i traditori della patria», colpevoli, ai suoi occhi, di voler distruggere la società norvegese con il multiculturalismo e «l’invasione islamica». Una sentenza di malattia mentale infatti «svilirebbe» la sua azione stragista, facendola apparire come il raptus di un pazzo, e costituirebbe per lui una «umiliazione» politica oltre che personale. In secondo luogo, per un paradosso della legislazione norvegese, accettare di essere giudicato «schizofrenico paranoico» significherebbe per Breivik finire in un manicomio criminale, potenzialmente per tutta la vita. Viceversa, mostrarsi in possesso delle proprie facoltà mentali gli imporrebbe la prospettiva di una cella di prigione, ma per un massimo di 21 anni, dalla quale uscirebbe poco più che cinquantenne, se non prima.

Questa è infatti la pena massima prevista dal codice penale norvegese. Per lui, infatti, l’internamento è un destino «peggiore della morte». La perizia, commissionata dal tribunale di Oslo agli psichiatri Synne Soerheim e Torgeir Husby, nelle conclusioni presentate lo scorso novembre affermava che Breivik è «schizofrenico paranoico» e raccomandava un internamento psichiatrico piuttosto che il carcere. Una controperizia, commissionata poi dopo la protesta dello stesso autore del massacro, conclude invece che è sano di mente. Di qui l’importanza della testimonianza di oggi dell’imputato. Solo due giorni fa il killer aveva dichiarato davanti alla Corte di «non essere un caso psichiatrico, ma penalmente responsabile. Se fossi stato un jihadista barbuto – aveva detto – non sarei stato sottoposto ad alcuna perizia psichiatrica».


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