di Paola Totaro
Solo tra il tramonto e l’alba, i condannati venivano identificati, controllando i loro dati anagrafici. Questi poi, singolarmente, erano ammanettati e portati in una cella isolata. Una volta fatta entrare nella cella, la vittima veniva immediatamente uccisa con un colpo alla nuca. Il rumore dello sparo appositamente mascherato con l’azionamento di macchinari rumorosi, forse ventilatori.
In seguito il corpo veniva trasferito all’aperto, di nascosto, passando da una porta posteriore e caricato su uno dei sei camion predisposti per il trasporto dei cadaveri. Ed a quel punto toccava al condannato successivo. Nei pressi di Smolensk la procedura era diversa: i prigionieri venivano portati alle fosse con le mani legate dietro la schiena e uccisi con un colpo di pistola alla nuca.
Questo, tutte le notti tra il 3 aprile ed 19 maggio 1940, ad eccezione della festa del Primo Maggio. Il primo trasporto, quello del 4 aprile, contava ben 390 persone. E non era stato neppure semplice per i giustizieri riuscire a completare il “lavoro” nell’arco di una sola notte. Il secondo trasporto invece non superava i 250 cadaveri. In tutto, in 15 giorni le condanne eseguite furono 21.857 tutti cittadini Polacchi. La descrizione di questo aberrante eccidio si riferisce al cosiddetto Massacro di Katyn, Unione Sovietica.
E’ in atto la Seconda Guerra Mondiale. Stalin ordina di uccidere tutti i cittadini polacchiinternati nei campi Kozielsk, Starobielsk e Ostashkov e i detenuti delle prigioni della Bielorussia e Ucraina occidentali. Il massacro viene attuato nella foresta di Katyń e nelle prigioni di Kalinin (Tver), Kharkov e di altre città sovietiche. Solo 395 prigionieri evitano il massacro e vengono portati al campo di Yukhnov e quindi a Gryazovets.
Le motivazioni di questo eccidio si possono conoscere tornando indietro al settembre 1939, quando molti polacchi vengono fatti prigionieri a seguito dell’invasione e sconfitta della Polonia da parte di tedeschi e sovietici. I polacchi arrestati vengono internati in diversi campi di detenzione, alcuni specifici per gli ufficiali ed altri per le restanti guide, gendarmi, poliziotti e secondini.
A differenza di quanto si è sempre pensato non tutti gli internati erano ufficiali, ma solo 8.000 dei 15.000 prigionieri di guerra. Per indebolire la Polonia appena occupata, si pensa di eliminare una parte cospicua della sua classe dirigente nazionale. Infatti il sistema di circoscrizione polacco prevede che ogni laureato divenga ufficiale della riserva. Dopo l’occupazione tedesca dell’Unione Sovietica, il governo polacco in esilio a Londra chiede conto di tutti i prigionieri rinchiusi nelle carceri russe. Ma Stalin risponde evasivamente.
Sono i tedeschi nel 1943 che rinvengono le fosse comuni, su indicazione degli abitanti del luogo. Il 13 aprile Radio Berlino annuncia: «È stata trovata una grossa fossa, lunga 28 metri e ampia 16, riempita con dodici strati di corpi di ufficiali polacchi, per un totale di circa 3.000. Essi indossavano l’uniforme militare completa, e mentre molti di loro avevano le mani legate, tutti avevano ferite sulla parte posteriore del collo causata da colpi di pistola. L’identificazione dei corpi non comporterà grandi difficoltà grazie alle proprietà mummificanti del terreno e al fatto che i Bolscevichi hanno lasciato sui corpi i documenti di identità delle vittime. È già stato accertato che tra gli uccisi c’è il generale Smorawinski di Lublino.»
Una commissione voluta dai polacchi per investigare sulla responsabilità del massacro viene decisamente rifiutata da Stalin il quale risponde definendo “Prove infondate del massacro di Katyn” gli atti utilizzati dalla commissione e rigettando così le accuse. Su richiesta dei governi tedesco e polacco in esilio viene costituita, fine aprile 1943, una commissione internazionale indipendente sotto il patrocinio della Croce Rossa Internazionale formata da dodici esperti di altrettanti Paesi, la quale attribuisce la responsabilità del massacro all’Armata Rossa. Naturalmente i Sovietici non accettano il verdetto, che anzi viene presentato come influenzato dalla propaganda nazista.
Negli anni successivi, anche dopo la fine della guerra, è stato un continuo rimpallo della responsabilità dell’eccidio tra tedeschi e russi, fatto di negazioni ed insabbiamenti. Solo con la caduta del muro nel 1989, si è potuto definitivamente conoscere la verità. Infatti nel 1989 studiosi sovietici rivelano che Stalin aveva effettivamente ordinato il massacro, e nell’ottobre 1990 Michail Gorbačëv porge le scuse ufficiali del suo paese alla Polonia, confermando che la NKVD aveva giustiziato i prigionieri e aggiungendo l’esistenza di altri due luoghi di sepoltura simili a quello di Katyń: Mednoje e Pyatikhatki.
Durante la presidenza di Boris Eltsin vengono resi pubblici anche documenti top secret relativi al massacro, del «Plico sigillato n. 1». E’ di questi giorni la notizia che La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato la Russia per aver sottoposto a “trattamento disumano” i parenti di alcune vittime del massacro di Katyn, per non aver fornito loro alcuna informazione sul destino dei loro cari.
Una ferita quella del terribile eccidio ancora non del tutto chiusa. Proprio per tentare di ricucire i rapporti tra Russia e Polonia e sciogliere definitivamente le divisioni causate dal cruento evento, nell’aprile del 2010 era stata organizzata nei luoghi della carneficina, una solenne commemorazione delle vittime alla presenza delle massime autorità polacche e russe.
Come per uno strano segno del destino, che ha aggiunto dolore a dolore, quella celebrazione non ha potuto svolgersi a causa dell’Incidente dell’aereo presidenziale polacco in cui persero la vita il presidente della Polonia Lech Kaczyński ed altre 95 persone.
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