di Luca Iacoponi
Il consiglio federale svizzero ha deciso, nella seduta di mercoledì 18 Aprile, di invocare “la clausola di salvaguardia nei confronti dell’ UE-8”, si legge sul sito dell’amministrazione federale elvetica. “Durante la recessione, l’immigrazione in provenienza dall’UE ha avuto un impatto positivo, accrescendo le uscite di consumo e gli investimenti edili e fornendo così un importante supporto all’economia svizzera”. Eppure “nell’ambito della discussione attorno al tema complesso dell’immigrazione, negli scorsi mesi il Consiglio federale ha tuttavia constatato la necessità di tematizzare l’adozione di nuove misure nei settori del mercato del lavoro (comprese le misure accompagnatorie) e dell’integrazione, alla luce di considerazioni di politica economica.
Invocando la clausola di salvaguardia, il Consiglio federale adotta uno dei vari strumenti a sua disposizione per contenere l’immigrazione in Svizzera”, riporta il medesimo comunicato.
La limitazione dei permessi di soggiorno avverrà nei confronti di: Slovenia, Slovacchia, repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Allo scalpore della notizia si sono subito unite le dichiarazioni di Catherine Ashton, rappresentante UE per la politica estera, che ha affermato “Si tratta di una decisione in violazione dell’accordo sulla libera circolazione dei cittadini, che non permette differenze fra i paesi dell’UE”.
Agli immigrati, che non potranno essere più di 2mila, sarà concesso un permesso di soggiorno di tipo-B cioè un titolo valido per un anno ed estendibile al massimo per due. Questa decisione, definita “ingiustificata” da parte della Ashton, viola il trattato di Shengen che permette la libera circolazione dei cittadini UE in tutti i paesi firmatari.
Maja Kocijancic, portavoce della Ashton, ha assicurato che l’Unione Europea incontrerà al più presto il governo di Berna per risolvere la soluzione, considerata discriminatoria.
Martin Schulz, presidente del parlamento europeo ha infatti dichiarato “Gli obblighi legali vanno rispettati in tempi economici buoni e in quelli difficili, che si tratti di stati membri dell’UE o di paesi terzi. Dobbiamo lavorare da vicino con i nostri vicini più stretti, ora non è il momento di indebolire la libera circolazione, ma piuttosto di rafforzarla. Non ci sono giustificazioni legali o economiche di questa decisione contro otto paesi membri dell’UE”.
La faccenda è piuttosto spinosa anche perchè la Svizzera sembra decisa a continuare su questa strada, “È tuttavia consapevole che tale strumento -la clausola sopracitata- produrrà effetto solo a breve termine, per cui occorrono provvedimenti supplementari atti a garantire un effetto a medio e lungo termine.” continua il comunicato.
L’aspettativa di Bruxelles è quella che, dopo l’ormai prossimo tavolo di confronto con Berna, la federazione possa fare marcia indietro ma il problema della mancata unità politica in Europa, questione da anni discussa, risulta essere ancor più problematica quando si verificano situazioni di questo tipo. Ha puntigliosamente sottolineato Simonetta Sommaruga, socialista svizzera, “non vi è alcuna istanza che, alla fine, può decidere chi ha ragione”.
Per scoprire chi vincerà questa battaglia a colpi di diplomazia non ci resta che aspettare le prossime settimane.
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