Cina, moglie dell’ex leader Bo Xilai rischia la pena di morte

L’annuncio dato dalla Xinhua che Gu Kailai, moglie di Bo Xilai,  ex leader di Chongqing è stata accusata di omicidio è stata accolta dai giornali con cautela, pur essendo una delle notizie più importanti dell’ultimo decennio. I giornali cinesi riportano solamente la notizia dell’uccisione da parte di Kailai e del suo maggiordomo Zhang Xiaojun,  del faccendiere Neil Heywood e i commenti al riguardo, presenti sui social network cinesi, sono stati oscurati.

In pochi mesi Bo Xilai, potente segretario del Partito di una delle zone più ricche del paese, è stato rimosso, messo sotto inchiesta e probabilmente verrà anche espulso. Sua moglie, una donna che ha abbandonato la carriera legale per dedicarsi alla famiglia rischia ora di essere condannata a morte. La vita di Bo è ultimamente un po’ turbolenta e la cautela che circola intorno alla sua situazione è dovuta al fatto che, dopo la caduta del segretario di Chongqing, Bo era riuscito ad allearsi con una parte dell’esercito e della leadership per tentare un colpo di Stato.

Bo è il tipico rappresentante del partito dei “principini”: figli di esponenti di rilievo di qualche partito che cercano di mettere le mani sull’economia cinese e di mantenere saldi i proprio privilegi attraverso la corruzione. Qualcuno afferma che il processo a Gu Kailai sia un monito per i principini affinché siano più sobri. Il Global Times, edizione in inglese legata al Quotidiano del Popolo, oggi dichiara che “un processo che si tenga secondo la legge rafforzerà la fiducia del popolo cinese verso il sistema legale della nazione… [Esso] manda alla società il messaggio che nessuno, qualunque sia il suo status o il suo potere, è esente da punizione, se egli o lei agiscono senza scrupoli, specialmente se danneggia la vita di altre persone”.

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Ma secondo Hu Jintao la giustizia è sempre al servizio del Partito e la lotta contro Bo e la sua famiglia è prima di tutto un segno della lotta per il controllo di Politburo. Nei documenti riguardanti il caso Kailai è presente già un’attenuante:  la donna ha agito perché preoccupata per l’incolumità del figlio. Inoltre Xinhua non dice chi tra il maggiordomo e Kailai sia stato l’assassino quindi quest’ultimo potrebbe essere anche il maggiordomo e la pena di morte potrebbe essere quindi imputata a lui e non alla donna.

In passato in Cina in tutti i processi contro membri del Partito, conclusisi con una condanna a morte, la pena non è stata mai eseguita.

Susanna Orlandi


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