di Emilio Garofalo
Nero, 52 anni, psicolabile. Warren Hill è un afro americano che, negli ultimi 21 anni ha vissuto in Georgia, nel braccio della morte. È stato condannato nel 1991 per aver ucciso un suo compagno di cella. Warren Hill era già finito dentro con l’accusa di aver ucciso la sua compagna. La pena che avrebbe dovuto scontare, il carcere a vita. Poi quell’altro omicidio e una nuova, definitiva condanna: la morte.
Lui, l’assassino, è affetto da un disturbo mentale: differenti e ripetute diagnosi hanno confermato il suo grave ritardo psichico. Warren Hill avrebbe dovuto morire due giorni fa. Avevano fissato, oltre alla data, anche la modalità dell’esecuzione: iniezione letale. Da non eseguirsi più tramite la somministrazione di tre veleni, bensì di un unico, potente anestetico. Una sola sostanza chimica, al posto delle tre combinate.
Nonostante tutto fosse pronto, Warren Hill è ancora vivo. A differenza di Yokamon Hearn, 34enne texano: due uomini, due storie che appaiono identiche. Anche lui, come Warren Hill, infatti, era afroamericano, omicida, e gravemente malato. Affetto da sindrome di alcolismo fetale (sua madre, durante la gravidanza, beveva e lui, non ancora nato, si ammalava irreversibilmente), Hearn era stato condannato a morte, nel 1998, per l’uccisione di un uomo.
Aveva sparato a Frank Meziere, 23 anni: una decina di colpi di pistola alla testa in un parcheggio di Plano, in Texas. La grazia era stata richiesta, sottoposta ai giudici e, infine, respinta. Yokamon Hearn è stato giustiziato nella notte tra mercoledì e giovedì. Gli hanno fermato il cuore in 25 minuti, con una sola dose di pentobarbital.
Ma torniamo a Warren Hill. Al suo disturbo mentale, alla sua condanna a morte. Lo scorso martedì, l’ufficio dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani ha lanciato un appello allo Stato della Georgia. L’osservatorio delle Nazioni Unite ha stilato un documento. Una lunga serie di frasi e di disperate argomentazioni, con un solo obiettivo: salvare la vita di un uomo gravemente malato. Una richiesta supportata persino dalle suppliche dei famigliari della vittima e degli stessi giurati impegnati nel processo a suo carico.
“È una violazione delle tutele previste dalla pena di morte imporre la punizione capitale a individui con disabilità psicosociali” – ha scritto, nella sua nota, Christof Heyns, relatore speciale dell’ufficio Onu, che poi ha parlato anche del grave rischio per cui “altri governi adottino la stessa linea per giustificare il ricorso alla pena capitale per persone che soffrono di disabilità psicosociali piuttosto che applicare misure punitive più umane”. L’osservatorio ha, inoltre, invocato la sentenza con cui, nel 2002,la Corte Supremadichiarava l’esecuzione di persone affette da “ritardo mentale” incostituzionale.
A seguito della denuncia dell’ente per i diritti umani, il caso di Warren Hill è stato sottoposto al Consiglio di Stato della Georgia per le richieste di perdono e grazia. Cinque giudici, che hanno aperto un fascicolo, letto i documenti depositati; hanno, poi, valutato l’ipotesi di ripristinare i “diritti civili e politici” dell’uomo sottoposto al loro esame, un condannato a morte, l’ennesimo.
Cinque uomini, che sono stati chiamati a valutare l’eventuale sussistenza delle condizioni idonee alla concessione del perdono, di proroghe o condoni, di grazia o commutazioni di pena. Cinque uomini che, alla fine, hanno scritto ancora una sentenza a carico di Warren Hill, un pluriomicida, un malato psicolabile.
Nonostante le numerose diagnosi, le perizie mediche e le innumerevoli conferme del suo ritardo mentale, malgrado il disposto della Corte Suprema e le richieste di giurati e famigliari della vittima, la clemenza gli è stata negata. Soglie e percentuali di disabilità non raggiunte. Una questione di numeri, di valori clinici, di controperizie. Warren Hill, anche lui, proprio come Yokomon Hearn, morirà. La prossima settimana, sempre per iniezione letale. Due uomini, due storie identiche. E un solo veleno, al posto dei tre combinati.
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[…] L’intera vicenda di Hill era ruotata attorno a uno scambio di perizie e contro-referti. Medici di parte e specialisti della Procura si erano espressi sulle soglie e sulle percentuali del suo quoziente intellettivo, diagnosticato dai primi come “inferiore alla media”, dai secondi non sufficienti per farne scaturire la non punibilità. […]