Sentenza emessa a carico di Anders Breivik. L’assassino è stato condannato a 21 anni di detenzione per l’attentato ad Oslo ed il massacro di Utoya.
L’uomo, che ha accolto con un sorriso la sentenza di condanna che egli stesso auspicava, è stato dichiarato sano di mente. Nel caso di riconoscimento di infermità mentale invece sarebbe stato condannato a trascorrere il resto dei suoi giorni in un ospedale psichiatrico, ed in questo caso, l’uomo, avrebbe fatto ricorso alla sentenza.
In Norvegia la pena passima in caso di condanna è proprio 21 anni, anche se, nel caso venga riconosciuta la pericolosità, il fermo in carcere potrebbe prolungarsi.
Questa condanna potrebbe permettere quindi a Breivik di tornare in libertà a 52 anni.
Oggettivamente sembra veramente ingiusta una pena tanto esigua, se si pensa a cosa è stato in grado di fare il condannato poco più di un anno fa, il 22 luglio del 2011 : far scoppiare una bomba nel centro di Oslo, uccidendo 8 persone e compiere la terribile strage sull’isola di Utoya, dove sono stati giustiziate altre 69 persone. Senza contare i feriti e tutti coloro che pur risparmiati dai colpi darma da fuoco, avranno per sempre la vita segnata da un’esperienza tanto terribile.
A questo riguardo è utile riportare un brano del racconto di Khamshajiny Gunaratnam, 24 anni, una sopravvissuta a Utoya: “Siamo caduti, rimanendo intrappolati tra rocce e cespugli. Ho tagli dappertutto. Con me c’erano 15, forse 20 persone. Ci siamo rialzati e abbiamo continuato a correre. Il peggio è stato quando abbiamo saputo che il killer era vestito da poliziotto. Di chi potevamo fidarci ? Provavamo comunque a chiamare la polizia. Ho dato il mio telefono a un amico chiedendogli di scrivere su facebook che chiunque avesse una barca sul fiordo doveva aiutarci. Abbiamo corso avanti e indietro a seconda della provenienza degli spari. Matti ci ha detto di nuotare. Il segretario generale, Trond Agnar, è comparso all’improvviso. Ci ha detto che molti avevano provato a farlo, ma l’acqua era troppo fredda, e la riva troppo lontana”.
di Paola Totaro
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