Mentre tra una capatina da Frau Merkel e Monsieur Hollande Samaras gongola per i risultati ottenuti nel risiko economico europeo, gli abitanti del Paese di cui è primo ministro sono costretti a fronteggiare i tristemente celeberrimi energumeni del nazionalsocialismo.
Le follie razziste purtroppo non si sono limitate a quell’osceno 7% di Alba Dorata alle elezioni di giugno, ma boccone dopo boccone stanno divorando i fondamentali del rispetto dell’essere umano. Ad Atene il 13 agosto, intorno alle 4.30, cinque motociclisti dal volto coperto hanno deciso che era ora di dare una ripulita intorno a via Piraeus. Provano ad aggredire un marocchino e un romeno, falliscono, non contenti afferrano i coltelli e affondano le lame nel corpo di un diciannovenne iracheno. Lo lasciano lì dove lo hanno massacrato, ai piedi di una moschea clandestina. La corsa all’ospedale serve solo a ritardare di qualche ora la morte. La gente non parla. Nessuno ha visto, nessuno vuole esprimersi. Non dicono nemmeno il nome del giovane assassinato.
“Ci sono bande di fascisti che prentendono di amministrare la legge a modo loro” dichiara Giorgos Kaminis, sindaco di Atene. In sei mesi infatti sono stati oltre 500 gli attacchi contro stranieri e immigrati. Lo spauracchio dello straniero è stato un quid che si è infiltrato subdolamente nelle menti greche.
Verso il confine turco sono oltre 1 milioni gli immigrati usati per lavori mal retribuiti, che però vengono visti, anche nella penisiola al di là dello Ionio, come gente che “ruba il lavoro”. Una soglia di povertà del 27% e una disoccupazione giovanile superiore al 50% certo influisce in questi pensieri di comodo. Il capro espiatorio è un outfit sempre di moda. “Con così tanti africani in Grecia, le zanzare del Nilo almeno avranno cibo di casa loro”, aveva twittato dalle olimpiadi Voula Papachristou, atleta ventitreenne, che una volta espulsa dai giochi per razzismo ha ricevuto il sostegno amorevole di migliaia di fans.
“Gli episodi di xenofobia stanno aumentando in maniera drammatica e i colpevoli agiscono indisturbati grazie all’impotenza di governo e polizia”, ha affermato Antònio Gueteress, alto commissario UNHCR.
Tirare in ballo la polizia potrebbe sembrare delicato eppure non è certo un gran segreto che gran parte del corpo armato condivida le idee più estremiste. Secondo l’autorevole settimanale To vima oltre il 50% dei poliziotti alle elezioni scorse ha votato quel simbolo nero su sfondo rosso che tanto ricorda la croce uncinata.
Il giorno dell’aggressione al ragazzo iracheno la sede di Alba Dorata ha ricevuto un attacco incendiario che la polizia ha subito affermato essere opera di estremisti anarchici in risposta al codardo massacro del diciannovenne. Di tutta risposta il comitato ha risposto: «La lotta nazionale durerà fino a quando la Grecia non sarà tornata ai greci».
Il buon Samaras dal canto suo ha ritenuto che una delle manovre più urgenti per contrastare la crisi greca sia quella di cacciare a migliaia gli immigrati, come polvere da nascondere sotto al tappeto. Nell’operazione Xenion Zeus, operata da poliziotti e media, sono stati fermati 11 mila extracomunitari e arrestati almeno 2mila. Un vero e proprio rastrallamento da ghetto che Amnesty International ha definito “brutale”. Un bicchier d’acqua nell’oceano secondo i neonazisti. “Tre treni al giorno da Larissa al confine con la Turchia carichi ognuno di tremila extracomunitari da scaricare oltreconfine” sarebbe la vera soluzione secondo Theodoros Koudounas.
Due giorni fa sono scesi in piazza gli immigrati a dire basta. Come già successo in Italia a Castelvolturno e Rosarno, centinaia di immigrati hanno percorso le strade di Atene per dire la loro. Per metterci la faccia. Per dire che non ci stanno più ad essere animali da macello per una follia insensata. “Siamo nel mirino dei neo-nazisti da una parte e della polizia dall’altra” ha detto Yussuf, portavoce dell’associazione dei lavoratori immigrati a capo della manifestazione di protesta. Il governo, come sempre e ovunque, messo alle strette e affogato dai media, ha dichiarato “Non tollereremo raid di brigate che si nascondono dietro simboli nazionalisti”. Dietro quest’affermazione, l’amara convinzione che non bastano parole d’occasione a cambiare le cose.
Luca Iacoponi
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Nord America16 Marzo 2024Quando Marlon Brando rifiutò l’Oscar per Il Padrino in solidarietà con i Nativi Americani
- Nord America5 Marzo 2024Nat Turner, lo schiavo-profeta che mise a ferro e fuoco la Virginia
- Italia5 Marzo 2024“Non abbiamo bisogno di odio. Mio figlio non sarà Balilla”
- Africa4 Marzo 2024I sudafricani bianchi che hanno lottato contro l’apartheid