di Eleonora Dutto
Prima di partire ho raccolto diverse opinioni sul tema lavoro dalle persone che avevano già intrapreso l’avventura australiana, ma le riflessioni sono personali e le variabili di un’esperienza sono infinite. Io voglio raccontarvi la mia testimonianza e quella delle persone che incontrerò lungo la mia strada, senza sentenziare: ognuno può trarre le proprie considerazioni.
Ho trovato il primo lavoro in Australia in meno di 24 ore di ricerca.
Nello stesso giorno in cui ho messo piede nella mia nuova casa ho iniziato a cercare un casual job immediato: non sono partita con un budget consistente, avevo il timore di rimanere senza soldi e rifare subito i bagagli. Un lavoro come cameriera andava benissimo per cominciare, in un secondo momento mi sarei interessata alle opportunità di professional jobs adatte al mio profilo.
Ho iniziato a lasciare resume (il tipo di curriculum vitae richiesto nei paesi anglosassoni) nella via commerciale lussuosa di South Bank e di seguito nel quartiere underground di West End: dopo 20 curriculum consegnati un ristorante greco mi ha proposto una prova la sera stessa.
Il mio livello medio di inglese e le mie esperienze come cameriera sono stati sufficienti per ottenere il posto: mi è stata offerta una paga di 15 $ l’ora, per circa 30 ore settimanali con 2 giorni di risposo. Sapevo già che la media degli stipendi è tra i 18 e i 20 $ all’ora, ma 1800 $ al mese con un affitto di circa 500 $ mi sono sembrati soddisfacenti. Inoltre il ristorante dista 15 minuti a piedi da casa: avevo deciso che questi erano tutti buoni motivi per accettare e lasciarmi da subito lo stress della ricerca alle spalle.
Ingenuamente ho portato al mio capo il mio Tax number ma non è stato necessario: ogni lunedì vengono consegnate le buste con i contanti a tutti i dipendenti per le ore svolte. Ebbene sì: anche in Australia esiste il lavoro nero! Nel mio caso il trattamento non è neanche dei migliori: non ho avuto voce in capitolo sui miei turni, come sulle eventuali riduzioni o aumenti delle ore, non ho diritto a pasti né bevande gratuiti durante i turni, né pause più lunghe di 5 minuti nell’arco di turni di 6-7 ore e solo se possibile.
Il proprietario del ristorante si approfitta del fatto che ‘noi immigrati’ abbiamo bisogno di liquidi velocemente per pagare i nostri affitti settimanali, la nostra spesa ed il resto della nostra nuova vita in Australia. Per sostenere tutto questo noi non ci facciamo tante domande sulla regolarità dei suoi comportamenti e quando ce le facciamo… nessun problema: dietro di noi sono in coda tanti altri stranieri disposti ad accettare compromessi pur di lavorare subito.
Il mio visto (working holiday visa) non ha limiti rispetto alle ore lavorative, mentre la maggior parte dei miei colleghi ha un visto studente, con il quale può lavorare solo 20 ore settimanali. Un lavoro nero gli permette di guadagnare più di quanto potrebbero ma lascia definitivamente il coltello dalla parte del manico al nostro datore.
Se ho lasciato l’Italia di punto in bianco è stato soprattutto perché sono delusa e stufa delle condizioni del lavoro: anche se si tratta di un semplice casual job non voglio accettare più compromessi e mancanza di rispetto verso il mio impegno.
Così, dopo un mese ho deciso di recuperare il manico del mio coltello e tentare ancora: in una settimana di nuove ricerche ho avuto l’opportunità di un’altra prova e ho ottenuto un nuovo lavoro, questa volta regolare. Ne racconterò nel prossimo racconto.
LEGGI ANCHE LA PUNTATA PRECEDENTE: Italiani in Australia, alla ricerca di una casa a Brisbane
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[…] primi sei mesi australiani (ovvero, ad oggi, la metà del mio permesso di soggiorno). Dopo l’esperienza nel ristorante greco ho trovato facilmente un nuovo impiego in una catena australiana di caffetterie. A differenza del […]
[…] primi sei mesi australiani (ovvero, ad oggi, la metà del mio permesso di soggiorno). Dopo l’esperienza nel ristorante greco ho trovato facilmente un nuovo impiego in una catena australiana di caffetterie. A differenza del […]
[…] LEGGI ANCHE LA PUNTATA PRECEDENTE: I mille volti del lavoro in Australia – parte 1 […]
ciao Ely, ho letto attentamente la tua prima esperienza lavorativa presso il ristorante Greco, posto il fatto che concordo nell’aver successivamente cercato altro per le ragioni che esponi;… lo sfruttamento deve finire in qualsiasi parte del mondo, e il rispetto ci deve sempre essere per tutti…mi sono soffermata, a ragionare sulla tipologia dei pagamenti…. e salario! la paga è “oraria”! a nero ma oraria…..ti faccio notare, come ben saprai, che in Italia la paga per fare la cameriera, è a “serata”…e si aggira intorno alle 40 euro + qualche spiccio di mancia a fine serata… mi sono fatta 2 rapidi calcoli e le ore lavorative; se non ricordo male, per i miei pregressi, erano di circa 7 / 8 ore!! …..in Italia l’affitto non l’avresti pagato! anzi o pagavi l’affitto o mangiavi! …Sono contenta che hai rapidamente, e senza indugio, voltato pagina, e sono curiosa di sapere del tuo nuovo lavoro “regolare” per verificarne le differenze! In bocca al lupo!…
Ciao Maura,
assolutamente d’accordo:il livello dei salari rispetto al costo della vita, anche quando il lavoro e’ a nero, e’ relativamente buono e piu’ alto rispetto quello italiano.
Dico relativamente perche’ comunque devi considerare che l’affitto che ho e’ per una stanza condivisa, che non ho macchina e quindi tutti i costi relativi, l’assicurazione sanitaria ce l’ho gratuita per i primi 6 mesi con il visto e uso la bicicletta invece che i mezzi pubblici che sono molto costosi. Sono tutti argomenti di cui vorrei raccontare nel corso dell’anno.
Ad ogni modo sono d’accordo in linea generale: ho lavorato come cameriera in Italia e senza dubbio non mi bastava per pagare l’affitto. Non solo: anche quando lavoravo nel mio settore professionale, il rapporto salario-costo della vita non era altrettanto vantaggioso.
Questo non lo metto in dubbio, come dicevo all’inizio dell’articolo, ci sono mille particolari, variabili e considerazioni da fare.
Prima di partire ho ricevuto tante considerazioni da parte di chi era stato in australia che suonavo molto come sentenze definitive.Io cerco di raccontarvi la mia esperienza senza tirare le conclusioni in prima persona e mi fa piacere che ognuno legga i particolare che ritiene piu interessanti per il suo punto di vista.
Grazie del commento e dell’interesse!
Un abbraccio
Eleonora
mia bella cugina,….mi viene da dire Ah,,,pero’! certo è tutto direttamente proporzionale alla vita australiana…ma sono decisamente convinta, che la ricerca della verità su questa Australia, attraverso la tua esperienza, darà, per la propria curiosità personale, la giusta chiarezza…e mi riferisco a tutte le persone che ho conosciuto e che ne hanno parlato come la via di fuga o il TOP dell’affermazione professionale!… o la propria salvezza economica…so e ho capito il tuo spirito di ricerca…e di giornalismo…e da questa tua parentesi australiana trarrò la mia personale conclusione!…quindi dato che tu sei preparata, laureata, parli l’inglese, ecc.. e vai in bicicletta…… (ps: qualcosa ci accomuna co sta bicicletta,,io la mia l’adoro)..un bacione e forza … abbiamo tutti i numeri cerca…cerca…cerca…. Maura
ciao bella, sono claudia, lavoravamo da decathlon, ricordi?poi tu te ne sei andata a londra e ora noto con piacere che i km non ti spaventano più e che stai facendo tante belle esperienze…questa è ricchezza, io credo…ti faccio tanti tanti in bocca al lupo…se un giorno deciderai di fare un salto a barcellona, non esitare a contattarmi, io son qua…baci baci
Ciao Claudia,
certo che mi ricordo! ti ringrazio per l’interesse e speriamo che al lupo passi la fame!
vivere un periodo in Spagna e’ uno dei piani nel cassetto, ma vista la situazione attuale ho dovuto lasciarlo infondo. Ma e’ sempre li’, quindi ti contattero’ senza dubbio im giorno 🙂
Buona fortuna anche a te
Eleonora
in bocca al lupo per il lavoro nuovo!!!!e comunque quello che stai provando tu è quello che “offriamo” noi agli immigranti e ora anche agli italiani stessi…purtroppo…speravo che in un paese così grande e con nuove aspettative questo non potesse accadere ma come si dice “tutto il mondo è paese”
Si, la condizione di immigrato e’ sempre una dimensione di svantaggio ed espedienti.
Credo che il Paese dei balocchi non esista, ma staremo a vedere strada facendo.
Ele