Sarebbe un ex guerrigliero dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) il supertestimone della Procura serba nell’inchiesta su un presunto traffico di organi, durante la guerra indipendentista. Nel 1999 nella “Casa Gialla” degli orrori sarebbero stati trasferiti molti prigionieri serbi per poi essere uccisi e dai cui corpi sarebbero stati prelevati organi poi rivenduti per finanziare la guerriglia e arricchirne i leader.
Sul “pentito”, un kosovaro-albanese ora sotto stretta sorveglianza, il procuratore generale, Vladimir Vukcevic, ha dichiarato: “Abbiamo un testimone che ha già parlato delle procedure mediche, effettuate nel nord dell’Albania e consistenti nell’asportazione degli organi a serbi rapiti durante il conflitto in Kosovo, nel 1998 e 1999”.
L’uomo, un ex paramilitare avrebbe raccontato di una «operazione chirurgica» compiuta su un prigioniero serbo, a cui sarebbe stato «tolto il cuore» in una località «vicina alla cittadina albanese di Kukes». L’organo sarebbe poi «stato trasportato all’aeroporto di Rinas, vicino alla capitale albanese» Tirana. Il testimone ha anche raccontato nel dettaglio l’espianto, eseguito senza anestesia, alla tv pubblica di Belgrado: “Mi hanno dato uno scalpello, dicendomi di cominciare subito l’espianto poiché non c’era tanto tempo. Io ho posato la mia mano sinistra sul suo petto, ho cominciato a tagliare e il sangue è subito schizzato”, ha detto l’uomo aggiungendo che la vittima tra urla disumane ha ben presto perso conoscenza. “Non so dire se fosse svenuto o se fosse morto, io ero come fuori di me”.
Il tutto sarebbe avvenuto nella classe di una scuola, con la vittima stesa su alcuni banchi.
Il procuratore ha assicurato che le prove a conferma delle dichiarazioni sarebbero molte. Del caso si era già occupata Carla Del Ponte, ex procuratore del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia (Tpi) nel suo libro di memorie “La caccia” del 2008. Il traffico di organi che avrebbe coinvolto 400 desaparecidos serbi e rom del Kosovo oltre a prostitute dell’Est Europa. Le accuse sono sempre state rigettate da Pristina e bollate come “calunnie”. Gli stessi argomenti usati ieri dopo le comunicazioni sul “supertestimone”: “Avevamo informazioni precise che la Serbia, il giorno prima della fine della supervisione dell’indipendenza di Pristina, avrebbe pubblicato pessime notizie”, ha dichiarato il ministro degli Esteri kosovaro, Enver Hoxhaj, alludendo alla strana tempistica degli annunci da Belgrado. Si tratta solo di “propaganda” in stile “Guerra Fredda” per infangare e “oscurare” un giorno “molto importante” per il Kosovo, ha aggiunto.
Il riferimento è alla chiusura dell’International Civilian Office (Ico), istituzione che aveva il compito di vigilare sui primi passi del neonato Stato del Kosovo, ora pienamente sovrano sul proprio territorio, ma che continua ad essere pattugliato dai 6mila uomini delle truppe Nato e dai 1250 poliziotti di Eulex (missione europea di polizia in Kosovo).
Paola Totaro
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