di Stefano Romano
È in onda dal 30 Giugno su RAI 1, ogni Sabato alle 8. 20, una nuova sit-com dal titolo La piccola moschea nella prateria (titolo originale “Little Mosque on the Prairie”), un successo del canale canadese CBC trasmesso dal 9 gennaio 2007 al 2 aprile 2012 per un totale di 90 episodi (sei stagioni).
Purtroppo il doppiaggio non rende forse giustizia alla verve ironica della versione originale, ma è già un passo avanti che l’ammiraglia pubblica proponga al pubblico italiano del sabato le vicende del protagonista Yasir Hamoudi (Carlo Rota), imprenditore pronto a costruire all’interno di una parrocchia protestante una piccola moschea, e Amaar Rashid (Zaib Shaikh), giovane avvocato pakistano sbarcato a Mercy per sostituire un imam ultraconservatore. Yasir e Amaar dovranno relazionarsi alla comunità cristiana del piccolo paese di provincia, con tutto quello che comporta: vedi il contadino spaventato dalla nuova presenza e dalla costruzione della moschea.
Però, sorridendo, si racconta anche del pastore protestante che si mostra disponibile al dialogo interreligioso; e di un presentatore radiofonico scisso tra i pregiudizi xenofobi e l’amore segreto per un’immigrata algerina.
La creatrice Zarqa Nawaz ha precisato in merito: “Non si tratta di una satira politica: La piccola moschea nella prateria è più che altro incentrata sulle relazioni umane. In ogni comunità, c’è chi si oppone al diverso e chi invece è più propenso a dialogare. Questo vale sia per i musulmani che per qualsiasi altro gruppo sociale o religioso”.
Al di là dei risultati, che però non sono così terribili (alcuni personaggi hanno bella presenza scenica e una buona e naturale caratterizzazione), è importante da una parte il coraggio di mandarla in onda, perché affronta i temi quotidiani del mondo islamico (come quanto sia disdicevole per una donna musulmana esibirsi in una danza davanti agli uomini) e ne dà testimonianza ad un pubblico italiano che di solito è alla prese con tutt’altre notizie relative all’Islam in Italia. Lo fa sorridendo, con tono leggero, come nella natura classica delle sit-com americane; e questo alleggerisce il tema del confronto interreligioso. Dall’altra, però, non possiamo non rimarcare il fatto che questa non dovrebbe essere una notizia. Ce ne dovrebbero essere di più, e magari di produzione italiana.
Limitiamoci per ora a segnalarla, aspettando che i tempi siano maturi. Ma è comunque un buon segnale di apertura.
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Fenomeno interessante anche se non direi che il tema del danzare davanti agli uomini sia un “tema quotidiano del mondo islamico” come ritiene l’autore dell’articolo.Speriamo non sia il solito polpettone di pregiudizi e luoghi comuni,
Elisa io intendevo che, solitamente, gli italiani assistono a questioni relative all’Islam di tutto altro calibro, ma quasi mai relative ai costumi e alle dispute haram\halal che sono comuni tra i fratelli e le sorelle. La sit-com sottopone in modo ironico questi piccoli dilemmi, ed io intendevo ‘quotidiano’ non nel senso che noi ne discutiamo tutti i giorni (io sono musulmano) ma nel senso che appartengono alla sfera quotidiana dei dibattiti tra le scuole giuridiche. Sono felice che gli italiani possano venire a conoscenza della realtà dei musulmani anche per altri aspetti, e non solo sempre per il velo! Grazie