In Malaysia non è reato essere omosessuali, ma “comportarsi come tali”. Sono quindi passabili di sanzioni penali “soltanto” coloro che compiono un atto sessuale con persone dello stesso genere. Le pene possono arrivare fino ai 20 anni di reclusione.
La lotta del governo federale all’omosessualità – soprattutto tra i musulmani (che rappresentano circa il 60% degli abitanti del Paese) – non trova però un riscontro particolare nella giurisprudenza. Sono infatti pochi i processi per questo tipo di reato.
Un caso diventato famoso è stato quello di Anwar Ibrahim, ex primo ministro, assolto per insufficienza di prove dopo due processi per sodomia (e dopo sei anni in carcere in attesa di una sentenza definitiva).
Per trovare una soluzione al “problema” sono stati escogitati diversi sistemi. Come nello stato orientale di Terengganu, dove le autorità hanno istituito un “campo di virilità” per rendere “veri uomini” i ragazzini “effeminati”. O come i recentissimi seminari per genitori e insegnanti (finora ne sono stati organizzati 10, con migliaia di partecipanti) per addestrare a individuare il grado di omosessualità dei bambini attraverso metodi non propriamente scientifici. Sono infatti considerati criteri di valutazione l’apprezzamento per vestiti colorati e attillati (per i bimbi) o la propensione a frequentare compagnie femminili (per le bimbe).
“È un evento multi-religioso e multi-culturale”, ha spiegato un portavoce della Fondazione degli insegnanti della Malaysia. “Dopotutto, tutte le religioni sono di base contro questo tipo di comportamento”. L’ultimo seminario, in cui hanno partecipato circa 1500 persone, è stato moderato dal vice ministro per l’Educazione Puad Zarkashi.
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