“All’ombra di un uomo”, la rivoluzione egiziana vista dalle donne


Nella serata dello scorso giovedì 25 ottobre è stato proiettato, presso l’Istituto del mondo arabo di Parigi, il documentario “All’ombra di un uomo” (ẓill rajul) della giovanissima Hanan Abdalla. La cineasta esordiente, nata e cresciuta a Londra, dove si è laureata in scienze politiche, ma di origini egiziane, è tornata nel suo paese allo scoppio della rivoluzione ed il suo lavoro si configura, in effetti, come una riflessione a posteriori sulle vicende susseguitesi a partire da quel 25 gennaio.

E non soltanto. In quei 65 minuti, si intrecciano e sovrappongo le voci e i volti di quattro donne appartenenti a generazioni ed ambienti sociali diversi, che raccontano di sé, delle loro storie, della loro visione del mondo al femminile e del matrimonio: c’è la trentunenne Suzanne,  commerciante indipendente, che ha preso la propria vita in mano dopo aver subito un episodio di violenza; c’è Badreya, una laboriosa giovane madre di quattro figli dell’Alto Egitto, sola e incompresa dal marito, sposato troppo giovane;  c’è Shahinda, distinta signora di 73 anni, che dopo la morte del suo amato rivoluzionario si è trasformata in un’appassionata attivista per i diritti dei giovani contadini egiziani; e, infine, Wafa’a, la divertente vecchietta outsider di 69 anni, che ha divorziato quando ne aveva 35, ha lavorato all’estero come lavandaia e ha deciso che no, gli uomini proprio non le piacciono.

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“Meglio vivere all’ombra di un uomo che all’ombra di un muro” è con la recitazione di questo antico proverbio che ha inizio il film a basso costo, sponsorizzato da “Un Women”, e che, presentato in anteprima al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, ha ricevuto anche il premio del festival di Alessandria. Un film che si chiude con mille interrogativi, lasciando aperto il dibattito e la riflessione sul futuro che spetterà alle donne che, come delle moderne al-Khansa’, hanno incitato la folla contro Mubarak e protestato assieme agli uomini, chiedendo un Egitto diverso.

Un Egitto fatto di libertà e di diritti. Fra loro, c’è chi delusa crede che non sia cambiato nulla, ma anche chi invece guarda con entusiasmo agli anni che verranno, fiduciosa. Ma tutte osservano. In attesa. E, nel frattempo, la giovane regista ha già cominciato a lavorare ad un altro progetto sullo stesso tema, che nel giro di qualche mese dovrebbe essere pronto a mostrare –e a dimostrare- quanto le donne siano davvero intenzionate ad avere un ruolo importante nel futuro del paese, con un focus sulle egiziane schierate in politica e presentatesi alle scorse elezioni. Progetto che si prospetta, certamente, di estremo interesse critico.


Profilo dell'autore

Annamaria Bianco
Giornalista pubblicista dal 2012 e dallo stesso anno vagabonda fra Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Traduttrice, anche. Il cuore come il porto della sua Napoli, scrive per lo più di interculturalità e mondo arabo-islamico.

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