Si chiama Kalimandir il tempio dedicato a Shiva e Kali immerso nel verde di Casal Lumbroso, a pochi chilometri dal caos del traffico capitolino. Qui, in via Oreste Ranelletti, il guru Yogi Krishnanath, italianissimo nonostante il nome, ha trasformato un appezzamento di terra lasciatogli in eredità dal padre in un centro religioso plurifunzionale. Che accoglie i nuovi romani provenienti da India, Pakistan e Bangladesh, insieme a pellegrini provenienti da tutto il mondo. “Ma pregano con noi anche molti italiani”.
testo di Joshua Evangelista, foto di Stefano Romano – Frontiere News per Paese Sera
Basta spingersi appena fuori dal Raccordo Anulare, all’uscita 33 in direzione Aurelia, per avere l’impressione di trovarsi in India. Il Kalimandir, un tempio dedicato a Shiva e Kali immerso nel verde di Casal Lumbroso, appare come un’oasi non contaminata dalla frenesia della grande città, sebbene sia distante solo pochi chilometri dal caos capitolino. Qui, in via Oreste Ranelletti, il guru Yogi Krishnanath ha trasformato un appezzamento di terra lasciatogli in eredità dal padre in un centro religioso plurifunzionale, che accoglie decine di pellegrini da tutto il mondo. “Da noi vengono a pregare fedeli di ogni religione – spiega il guru – ai quali chiediamo semplicemente di rispettare la sacralità del luogo”.
E non ci si limita agli esercizi spirituali: negli ultimi anni il Kalimandir è diventato un punto di riferimento per i nuovi romani provenienti da India, Pakistan e Bangladesh, che attraversano la Capitale per poter effettuare nel tempio la puja, il rituale con il quale vengono donati al dio Shiva frutta, riso, latte e incenso. “Ma pregano con noi anche molti italiani. E non dimentichiamoci degli zingari: sono circa il dieci percento del totale dei fedeli, dal momento che molti di loro, specie i più anziani, identificano la nostra dea Kali con l’iconografia ancestrale della Madonna“.
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Tra una preghiera e l’altra si mangia, si danza, si cucina, si celebrano matrimoni e si impara l’italiano. “In questo contesto io sono per i fedeli come un dottore in un ospedale”, afferma il “Baba” con orgoglio. “A volte hanno bisogno di assistenza spirituale, altre volte di consulenza per i documenti o semplicemente di un pasto caldo“. Di certo, quando da giovane si è avvicinato all’induismo, Krishnanath – italianissimo nonostante il nome – non si sarebbe aspettato un percorso spirituale come questo. Sessantottino in una famiglia cattolica tradizionale, dopo le prime manifestazioni di piazza capisce che la violenza non è la strada giusta per cambiare il mondo. “Così ho raggiunto l’India in autostop e vissuto per un periodo sull’Himalaya. Tornato in Italia io e la mia compagna abbiamo letteralmente occupato il terreno di mio padre con tenda, furgone e fuoco sacro, vivendo in un clima di totale armonia e senza proibizioni”.
Da allora trascorre il suo tempo tra Roma e l’India, si dedica allo studio della cultura induista e viene riconosciuto ufficialmente come guru, trasformando così quella che era nata come una risposta pacifista alle contestazioni del ’68 in una vera e propria missione “umanitaria”. Del resto, spiega Krishnanath, l’obiettivo ultimo del Tempio “è quello di riportare l’uomo a Dio, dal momento che da cinquemila anni la ricerca spirituale si è raffreddata”.
Ma se riti e sacralità hanno radici antichissime, l’attività di comunicazione del Kalimandir sfrutta tutte le opportunità delle tecnologie legate al web. Sul sito del tempio i visitatori possono usufruire della mappa, consultare la ricca fotogallery, segnarsi mostre, festività, convegni e gli altri eventi in programma e persino assistere in diretta alle funzioni religiose attraverso la piattaforma Live Stream. E per gli amanti dell’interazione via social network, Yogi Krishnanath mette a disposizione la sua pagina Facebook a chi volesse conoscere in profondità la storia del Kalimandir, chiedere informazioni sui culti a Shiva e Kali o semplicemente ascoltare della buona musica tradizionale hindi.
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