Egitto, condanne a morte per il reverendo Jones e il produttore del film anti-islam

Il reverendo statunitense Terry Jones – famoso per avere bruciato in passato copie del Corano -, il produttore del film “L’innocenza dei musulmani” Nakoula Basseley Nakoula e altre sei persone sono state condannate a morte ieri dall’Alta corte per la sicurezza del Cairo.

I sette egiziani sono tutti copti emigrati negli Stati Uniti. Nel dettaglio gli accusati sono Nakoula Basseley Nakoula, produttore del film, Maurice Sadeq Girgis Abdel Shahid, un avvocato fondatore dellaNational American Coptic Assembly (un’associazione che non ha alcun legame con le diocesi copte degli Stati Uniti), Nabil Adib Bassada, Fekry Abdel Masih Zoqloma, Morcos Aziz Khalil, Phoebe Abdel Masih Paules Salib e Nader Farid Nicola. Le accuse sono di istigazione alla divisione interreligiosa, balsfemia e di aver messo a rischio l’unità nazionale e la pace sociale.

A seguito della diffusione su You Tube di immagini del film, manifestanti avevano assaltato l’ambasciata americana del Cairo, ed erano riusciti ad impossessarsi della bandiera statunitense della sede diplomatica. Trattandosi di una questione di blasfemia la Corte ha trasmesso il suo verdetto al Gran Muftì, che entro il 29 gennaio dovrà decidere se confermarlo oppure no. Nel caso, la condanna a morte diverrebbe di fatto una fatwa.

La condanna in contumacia è soprattutto politica e potrebbe sancire un allontanamento tra Egitto e Stati Uniti, sebbene dopo le lamentele della Casa Bianca per la lentezza con la quale il governo egiziano aveva reagito all’assalto all’ambasciata si era ritrovata sintonia dopo gli apprezzamenti di Hillary Clinton per il ruolo svolto dal presidente Mohamed Morsi nel raggiungimento di una tregua a Gaza.

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Non si tratta della prima conseguenza giudiziaria in Egitto della rivolta contro il film su Maometto. Il predicatore salafita Ahmed Mohamed Mahmoud Abdallah, infatti, è attualmente sotto processo per aver stracciato una Bibbia, l’11 settembre scorso, durante gli scontri. Inoltre, un giovane attivista, Albert Saber, è stato accusato di aver postato su facebook il trailer del film incriminato, e si trova agli arresti dalla fine di settembre.

Per il giovane, un blogger ateo ma cresciuto in una famiglia cristiana copta egiziana, il rischio è che anche la sua situazione possa risentire delle condanne di ieri. A suo favore si sono espresse, durante lo scorso mese, dieci organizzazioni per i diritti umani tra i quali Amnesty International, i quali hanno presentato una denuncia per l’arresto del blogger per un reato di opinione, condannando inoltre trattamenti disumani nei suoi confronti.

Paola Totaro


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