Porto Rico vorrebbe entrare a far parte degli Stati Uniti d’America. Sull’isola, che di statunitense ha soltanto la collocazione geografica e una dipendenza formale da Washington, grazie alla presenza di un delegato che, nella Capitale, non ha diritto di voto, non si applicano le norme federali, né quelle costituzionali, benché si utilizzi il dollaro e i cittadini viaggino utilizzando il passaporto americano.
I cittadini, quasi nella totalità, hanno preso parte a un referendum e il 54% degli elettori ha votato affinché il rapporto con gli Stati Uniti cambi, regolarizzandosi. Nonostante sia elevato il senso di “nazionalità”, l’attaccamento alla propria storia culturale, i portoricani si sono riscoperti veri e propri “cittadini americani”.
Infatti, rispondendo a un secondo quesito referendario, hanno confermato la volontà di godere, diventando appunto la 51esima stella sulla bandiera Usa, di sovranità piena, con diritto di voto in tutte le elezioni degli Stati Uniti.
La parola, ora, spetta al Congresso, chiamato a concedere o a negare l’approvazione della volontà portoricana. Dalla decisione del “Campidoglio” dipende, dunque, il futuro politico dell’isola di Porto Rico. Gli isolani, presto, potrebbero, oltre a godere del diritto di voto in Usa, anche ritrovarsi a pagare le tasse federali.
Nel territorio statunitense c’è una nutrita presenza di portoricani, quasi un milione di persone ed è proprio la stretta connessione, lo strettissimo e quotidiano rapporto tra la comunità portoricana e il Paese americano ad aver “causato” l’esito referendario, portando i cittadini della piccola isola a richiederne l’entrata.
L’epilogo di una “connessione politica” cominciata nel 1898, anno in cui terminò il dominio spagnolo in favore di quello statunitense. Una connessione che, oggi, sta alimentando una battaglia per ottenere “più benefici e molto più aiuto finanziario” .
Non sono da sottovalutare, tuttavia, l’impronta “nazionalistica” e il forte spirito identitario che caratterizza i portoricani, i quali amano sì l’idea di appartenere agli Stati Uniti, e per cui non è certo un problema definirsi “americani”, ma, allo stesso tempo, rivendicano con forza la loro origine.
Sullo sfondo della svolta politica che potrebbe riguardare l’assetto portoricano, si staglia anche la recessione, che ha colpito l’isola duramente: debiti per un totale di circa 68miliardi di dollari e un tasso di disoccupazione che sfiora la soglia del 13%.
Emilio Garofalo
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