Non ce l’ha fatta la giovane indiana vittima dello stupro di gruppo avvenuto lo scorso 16 dicembre a Nuova Delhi. Ha lottato, ma il suo cuore ha smesso di battere il venerdì successivo. Dopo un arresto cardiaco, le infezioni ai polmoni e all’addome, il trauma cranico, le violenze, le torture e le botte, il suo corpo non ha più lottato.La sua vita si è fermata sull’autobus dove un gruppo di sei uomini tra i 15 e i 40 ha deciso di stuprarla.
Per dire basta alla violenza brutale sulle donne, è scesa in piazza tutta l’India. Uomini, donne e bambini hanno manifestato contro questo stupro che ha sconvolto l’intero paese. Imbavagliati con un pezzo di stoffa nera, hanno acceso candele e mostrato cartelli dicendo basta in silenzio. Un silenzio che vale più di mille grida. Un silenzio che parla di rabbia, disperazione, paura e voglia di giustizia.
Il giorno della sua morte, centinaia di candele sono rimaste accese tutta la notte in tutte le principali città, da Nuova Delhi a Kolkata, da Mumbai a Bangalore. La gente ha pregato e invocato l’impiccagione per i colpevoli. Gente stanca e piena di rabbia. Stanca di vittime di stupri, stanca di vedere le donne trattate come stracci, stanca di sentire che pochi giorni fa una diciassettenne vittima di violenza si è suicidata e che una donna di 45 anni è stata violentata e uccisa da otto uomini.
E’ stato lutto nazionale per la “Daughter of Delhi”, una giornata pacifica, senza ufficialità ma sentita da tutti. “A tutti voi che avete espresso la vostra rabbia pubblicamente – ha detto Sonia Gandhi alle tv locali – a tutti voi che le avete dato supporto, voglio assicurare il massimo impegniamo perché si ottenga giustizia”.
Giustizia che il primo ministro indiano, Manmohan Singh, ha promesso in modo da non rendere vana la morte di questa giovane donna, e di tutte le altre che hanno subito la stessa sorte : “Sarà un omaggio vero alla sua memoria se saremo capaci di canalizzare queste emozioni e queste energie in un corso di azioni costruttivo”.
E’ la prima volta che il problema della sicurezza e del rispetto delle donne diventa caso nazionale, mai prima d’ora in India si era vista una battaglia civile iniziata dalle piazze e si è addirittura parlato di un “movimento nuovo ed inedito per i diritti civili”.
E’ presto per dirlo, ma è sicuramente un passo avanti in un Paese dove all’interno del Parlamento non si è mai discusso del problema della discriminazione femminile. E le donne ora, hanno una voce in più.
Ilaria Bortot
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