Secondo Amnesty International sarebbero circa 76 le famiglie rom (in tutto circa 350 persone) costrette a vivere da almeno due anni nei pressi di New Rat Pata, una zona periferica della città di Cluj-Napoca (nel nord-ovest della Romania) zona dove sorge la discarica del centro urbano e un ex-discarica di rifiuti chimici.
Questa triste storia comincia il 17 dicembre 2010, nel pieno del freddo inverno rumeno, quando un ingente numero di forze dell’ordine locali hanno sgomberato queste 76 famiglie dal centro di Cluj-Napoca, precisamente da Coastei Street, e hanno dislocato con la forza queste famiglie nella zona alla periferia della città dove già risiedono circa altre 1500 persone.
Ernest Creta, uno dei testimoni di quest’operazione che a tutt’oggi dopo due anni vive in una abitazione improvvisata a New Pata Rat, sostiene (come riportato da Amnesty): “Il 17 dicembre 2010, nelle prime ore del mattino, un numero impressionante di forze di polizia è arrivato a Coastei Street, inviati dalle autorità locali. Siamo rimasti sopraffatti e terrorizzati per il numero di agenti di polizia. A seguito di pressioni e minacce verbali da parte delle autorità locali, abbiamo accettato i nuovi alloggiamenti che ci hanno proposto senza conoscerne l’esatta posizione e le condizioni in cui destavano“.
Le famiglia più fortunate, 36 in tutto, sono state trasferite in nuove unità abitative che però, oltre che ad essere pericolosamente vicine alla discarica della città e ad un ex discarica di rifiuti chimici, sono del tutto inadeguate ad accogliere questo numero di persone: le condizioni degli immobili sono scadenti, ad ogni famiglia spetta una singola stanza e i servizi igenici ognuno sono condivisi da 3 famiglie. La zona periferica in cui si trovano queste abitazioni rende inoltre difficile il raggiungimento del centro della città: la fermata dell’autobus più vicina è a circa 2,5 km, fattore che porta ad un difficile accesso a queste famiglie al lavoro e all’istruzione.
In un altro appello di Amnesty International, vengono riportate le parole di una delle persone che attualmente vivono in queste unità abitative, Marius, che dichiara che “la stanza è molta piccola; l’acqua entra dalle pareti. È davvero terribile, un incubo, questo non è un posto dove stare con una famiglia, accanto a me c’è una famiglia di 13 persone, tra cui 11 bambini, che vivono in una stanza” aggiungendo inoltre che nonostante siano stati forniti elettricità e servizi fognari, non è stato garantito l’allaccio all’acqua o al gas.
Sette famiglie hanno trovato ospitalità presso i rispettivi parenti mentre ad altre 36 famiglie è andata peggio: a loro non è stato destinato nessuna soluzione di alloggio ma bensì un terreno nel quale le autorità locali hanno permesso loro di costruire case improvvisate. A queste famiglie è quindi negato l’accesso all’acqua, all’elettricità e ai servizi igienici. Le famiglie non hanno inoltre nessun titolo che attesti la proprietà di questi terreni poiché il possesso di queste terre nasce da un solo accordo verbale tra autorità locali e famiglie.
Dopo le continue richieste di un incontro tra famiglie e autorità locali per risolvere questa problematica, che hanno avuto risposta solamente all’inizio di quest’anno, diverse associazioni, dal Gloc (Gruppo civile delle Organizzazioni della Società Civile) al Centro europeo per i diritti delle popolazioni rom passando per Amnesty International hanno rilasciato un appello congiunto ribadendo che: “Il comune ha effettuato una sgombero forzato che ha violato le norme sui diritti umani in Romania. Il governo centrale non è riuscito a garantire che le azioni del comune non abbiano portato a delle violazioni dei diritti umani. Le autorità locali e centrali hanno l’urgente responsabilità di porre fine a queste violazione e di garantire che le persone che sono state sgomberate con la forza vengano trasferite in alloggi adeguati e riportati in città.”
I risultati di queste azioni di protesta hanno portato le autorità comunali a prendere una decisione: le famiglie rom saranno spostate da New Pata Rat nei primi mesi del 2014 nell’ambito di un progetto congiunto con il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite. Nonostante questi annunci ottimistici però i dettagli e le modalità del trasferimento sono ancora sconosciute.
Concludiamo con le parole di Ernest Creta che ha infine precisato: “Eravamo integrati nella vita della città, quando vivevamo in Coastei Street. Avevamo un lavoro, i bambini andavano a scuola, abbiamo avuto decenti standard di vita […] Qui, nella discarica, ci sentiamo come in un ghetto, ci sentiamo discriminati da tutti i punti di vista “.
Stefano Zambon
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