Non sono bastati un vestito che le garantisse la copertura delle ginocchia e dei gomiti, l’osservanza delle regole imposte dalla famiglia e dal nucleo sociale del villaggio moshav Nir Galim, in cui vive, a evitarle una sospensione di due settimane dalla scuola. I rabbini che la dirigono hanno optato per il castigo.
Lei è Ofir Ben-Shetreet, una ragazza di 17 anni che vive a sud di Israele, in uno dei tanti villaggi arroccati sulla costa. Il suo sogno nel cassetto, diventare una famosa cantante, l’ha spinta a esibirsi dinanzi a milioni di connazionali, davanti alle telecamere del concorso televisivo “The Voice”, versione locale del talent show “X-Factor”.
Nonostante le necessarie “precauzioni”, ovvero un delizioso vestito giallo e nero “tagliato” nel pieno rispetto delle regole religiose della sua terra, rigidamente osservate dalla sua famiglia, Ofir avrebbe comunque infranto a regola del “kol isha” che, benché duramente contestata dai laici, viene comunque applicata in gran parte delle cerimonie ufficiali: le donne non devono esibirsi dinanzi a un pubblico in cui vi siano anche gli uomini.
In Israele capita spessissimo, infatti, che, in occasione di eventi, anche pubblici, di Stato, gli uomini abbandonino le sale in cui le donne cantano o si esibiscono in performance artistiche. Infatti, pare che la decisione di punire la giovane artista con la sospensione sia giunta a seguito delle proteste sollevate dai genitori dei suoi compagni di scuola.
Ha spiegato Zvi Arnon, il rabbino del villaggio: “Per me Ofir resta una giovane con una forte moralità, molti nel villaggio la difendono. Ma nessun leader religioso può permettere che una donna canti davanti agli uomini”.
Nonostante la punizione, Ofir è andata avanti: si è presentata davanti alle telcamere, intenzionata a dare il meglio di sé durante lo show televisivo. I giudici hanno definito “angelica” la sua voce e lei ha scelto come mentore il “maledetto” Aviv Geffen, simbolo della trasgressione e della ribellione israeliana. La rockstar ora la guiderà, aiutandola a coltivare il suo talento.
Le parole della “piccola” ma determinata Ofir sono chiare: “Io canto fin da quando sono bambina e sento il bisogno di realizzarmi. La Torah vuole che siamo felici e invita ad ascoltare la musica per esserlo. Credo sia possibile conciliare le regole con questi insegnamenti, per questo ho scelto di partecipare allo show.
Fortunatamente, si sono schierati a favore della giovane vocalist anche rabbini moderati. Tra questi, Aaron Leibowitz: “Lei è la voce di una generazione che sta cambiando. Non ha rinunciato alla religione, sta cercando la sua strada attraverso le definizioni classiche di giudaismo. Questi giovani, usando una metafora musicale – stanno attuando un remix”.
E ancora, a tifare per Ofir anche professionisti, quali lo psicanalista Carlo Strenger, che invita, dalle colonne dell’ Haaretz, il presidente americano Barack Obama a seguire la storia dell’artista per riscoprire “un’Israele normale”: “Le elezioni di fine gennaio sono state presentate come una guerra tra tribù, gli ultraortodossi contro i laici. Dobbiamo capire che siamo una società multiculturale di immigrati, che deve imparare la tolleranza per sopravvivere”.
Emilio Garofalo
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