Ancora una volta sono i social network a far parlare di sé. Anche se in questo caso più che di parole si tratta di immagini.
Nate Larson e Marni Shindelman sono due artisti americani che hanno sfruttato le potenzialità di twitter per dare vita a Geolocation, il loro ultimo progetto.
Nate e Marni dopo aver selezionato centinaia di tweet geotagged (contenenti cioè le indicazioni geografiche del luogo da cui sono stati scritti) si sono recati nei posti “incriminati” per fotografarli.
Il risultato è una mappa georeferenziata che oltre ad indicare le coordinate spazio-temporali, contiene gli stati d’animo di chi ha contribuito a crearla. Ogni foto infatti è accompagnata dal testo originario twittato in rete.
Obiettivo dei due fotografi è cercare un punto di ancoraggio al quale fare aggrappare la realtà virtuale. Aspettative, speranze, paure, serenità, tristezza prendono forma e assumono una duplice identità, una propria autonoma e una che riflette la natura dell’utente che le ha generate.
Detto così potrebbe sembrare l’ennesimo tentavo di umanizzare il mondo digitale. E forse lo è.
Adesso però dopo aver visto e letto gioie e dolori di Stati Uniti e Inghilterra, siamo curiosi di sapere se anche in Medio Oriente – per esempio – è così diffusa la tendenza a condividere (con sconosciuti) momenti unici della propria vita.
Ecco allora che emerge un altro aspetto importante di questo progetto: la possibilità di mappare le differenze socio-culturali del mondo in cui viviamo.
In attesa di un nuovo capitolo, potreste fare un salto alla Light Factory di Charlotte (North Carolina) dove il lavoro sarà in mostra fino a metà maggio.
Teodora Malavenda
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