L’8 marzo è uno di quei giorni in cui ci si ricorda delle donne e delle ingiustizie che quotidianamente subiscono. Sarebbe bello che ogni giorno ci fosse un buon motivo per ricordare le donne nel mondo.
Uno di questi buoni motivi è ricordare che lo scorso weekend, ad Herat, si è svolta la prima edizione dell’Herat International Women’s Film Festival, organizzato dalla regista Roya Sadat.
Se la scelta della data è abbastanza chiara, quella della città è bene sottolinearla: Herat si distingue tra le varie città dell’Afghanistan per essere quella con il maggior numero di casi di violenza contro le donne. Inoltre, in città non esistono sale cinematografiche ed è stata la giusta occasione per dare la possibilità alla popolazione di assistere alle proiezioni.
“Una prospettiva del festival tutta femminile – ha commentato Roya Sadat – registe, film sulle donne, che parlano di donne”, è stato questo il filo conduttore dei 30 film, provenienti da 20 paesi diversi. Cina, India, Canada, Corea e lo stesso Afghanistan, “l’obiettivo è incoraggiare le donne a realizzare film – ha spiegato Khalida Khursad del comitato organizzatore – e a promuovere una cultura cinematografica che contribuisca al benessere delle donne attraverso l’arte”.
Nell’intervista a The Express Tribune la regista afghana Angeela Rezayee racconta che per molti dei suoi connazionali uomini l’idea che lei lavori nell’industria cinematografica è inaccettabile. Ma piano piano si sta aprendo uno spiraglio, a poco a poco le donne afghane stanno cominciando a ricoprire dei piccoli ruoli nei film, che riuscirà a trasformare positivamente gli occhi del mondo l’immagine delle donne afghane.
Argomento non facile in una zona come l’Afghanistan dove la situazione femminile è ben al di sotto degli standard della Federazione Internazionale dei Diritti Umani, che anche lo scorso 8 marzo ha rinnovato il suo appello. Le richieste sono chiare: investigare e condannare le violenze contro le donne afghane, abolire le leggi che discriminano la figura femminile, riformare il sistema giudiziario in modo che includa una partecipazione attiva delle donne e smettere di usare i diritti delle donne come pedina nelle negoziazioni con i Talebani.
Un primo appuntamento che serve da stimolo, una prima edizione a carattere non competitivo: nessun premio è previsto. Solo tanto cinema per gli spettatori, una rassegna che è il frutto di una cooperazione tra gli organizzatore della Arman Shahr Foundation e delle Roya Film House e una quarantina di organizzazioni nazionali e internazionali.
Ilaria Bortot
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