di Stefano Morelli
Yerevan, Armenia
La campagna elettorale delle presidenziali armene è iniziata con il tentativo di uccisione di uno dei candidati, Pauryr Hayrikyan, colpito soltanto di striscio da un proiettile. E’ poi proseguita con un altro candidato, Andreas Ghukasyan, che ha iniziato lo sciopero della fame lo scorso 21 gennaio, interrotto soltanto il giorno di inizio delle elezioni. Protestava contro il sistema elettorale del Paese, accusandolo di non essere libero e democratico.
Il giorno delle votazioni, 18 febbraio, si è in effetti assistito ad ogni tipo di pressione psicologica: cittadini accompagnati da loschi individui fin dentro i seggi elettorali, pagamenti più o meno sfacciati di 5000 dram (circa 10 euro) per comprare un singolo voto. Al momento dello spoglio gli scrutatori hanno iniziato a scambiare schede già votate e ad un intero quartiere è stata staccata l’elettricità. Pare che dietro questo teatrino di irregolarità vi sia l’attuale presidente, Serzh Sargsyan, che si è aggiudicato la riconferma con il 58% dei consensi.
Il principale oppositore è l’ex ministro degli esteri Raffi Hovannisyan che, denunciando pubblicamente i brogli, ha iniziato una serie di manifestazioni di piazza volte alle dimissioni di Sargsyan. E’appoggiato dall’intera popolazione, stufa della corruzione della classe politica. Convinto di essere il legittimo presidente – ed effettivamente sarebbe così se le elezioni si fossero svolte regolarmente – ha iniziato lo sciopero della fame.
Le proteste continuano e all’orizzonte si intravede un nuovo 2008.
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