Sabato 16 marzo 131 Paesi su 198 hanno firmato la Carta che chiede la protezione, promozione di diritti umani e libertà fondamentali per le donne e le bambine. Il documento dell’Onu era stato contestato nei giorni scorsi sia dai Fratelli musulmani egiziani, sia dal mondo islamico del web, che chiedevano ai Paesi musulmani la bocciatura della documento contenente “articoli contro l’Islam e la sunna, che porteranno al sabotaggio della morale musulmana e alla demolizione della famiglia”.
Non sono servite le proteste, Mervat Tallawy, capo della delegazione egiziana, ha firmato immediatamente il testo. “Credo nella causa delle donne – ha dichiarato Tallawy – Non prendo denaro dal governo, lavoro in modo volontario e se vogliono farmi fuori possono farlo. Ma non cambierò idea sull’argomento. Le donne sono schiave in questa era, e questo è inaccettabile. Soprattutto nella nostra regione”.
Gli islamici egiziani avevano proposto un emendamento che avrebbe consentito ad ogni Stato di modellare la Carta in base alle proprie leggi. A votare contro il documento è stata solo la Libia, mentre gli altri paesi arabi come l’Iran, Sudan e Arabia Saudita, che inizialmente avevano mostrato perplessità, hanno firmato.
Secondo i Fratelli musulmani egiziani sono inammissibili i punti che prevedono “la piena uguaglianza del matrimonio” che toglie ai mariti l’autorità sul divorzio e consente di denunciare un coniuge violente. Nella Carta è previsto l’accesso ai contraccettivi per le ragazze.
Il documento ora è stato firmato ma non è vincolante ma come ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon “esorta tutti i Paesi a condannare ogni forma di violenza contro le donne e le bambine, e ad astenersi dall’invocare qualsiasi costume, tradizione o considerazione religione per non rispettare i propri impegni a favore della sua eliminazione”.
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