di Logan Lee
5 marzo 2013: un giorno che molti dimenticheranno velocemente ma che rimarrà segnato per sempre nei libri di storia venezuelani (e latini americani in generali); il giorno nel quale è venuto a mancare il Comandante en Jefe Hugo Chávez.
Per molti, principalmente le amministrazioni filo-Usa, un demone da estirpare ma per il 55% della popolazione del Venezuela (tale percentuale è equivalente al minimo dei consensi ottenuti nelle elezioni vinte dal 1999, ma è stato in alcuni momenti pari a circa 70%) è un eroe assoluto. Le sue riforme e nazionalizzazioni hanno portato benefici alla maggioranza povera del paese al punto di generare la rivolta popolare che lo riporta al potere dopo il tentativo di colpo di Stato cercato da Pedro Carmona, industriale rappresentante della vecchia classe dirigente venezuelana. Da allora Chávez guadagnò ancora più consensi e intensificò la sua politica anti-imperialista, con gli Stati Uniti come nemico giurato.
Fino alla fine dei suoi giorni accusò il paese più ricco del mondo di aver finanziato il tentativo di colpo di Stato, di aver boicottato le politiche intraprese dal suo governo per l’integrazione dell’America Latina e, per ultimo, di essere dietro alla sua malattia.
Proprio su questo argomento si gioca il futuro del Venezuela. Il successore naturale, nonché indicato dallo stesso ex-presidente, sarebbe Nicolas Maduro che al momento occupa ad interim la presidenza del Paese e ha annunciato alla nazione il decesso del suo predecessore. Come previsto dalla Costituzione, deve convocare elezioni per il nuovo presidente entro 30 giorni dalla “mancanza assoluta” e il suo principale antagonista sarà Henrique Capriles, avvocato, cattolico e attuale Governatore dello stato di Miranda.
Quest’ultimo sarebbe molto gradito sia ai gruppi industriali locali che agli investitori stranieri vista la sua vicinanza a questi settori (inutile dire che sarebbe anche il candidato ideale per la Casa Bianca), ma dovrebbe muoversi con molta cautela con l’intento di ridurre il rischio di violenza e instabilità politica.
Dall’altra parte, Maduro potrebbe cavalcare il sentimento di commozione nazionale e la voglia di continuità di una grossa porzione della società. È sufficiente tenere in mente il numero di persone che si è movimentato per poter dare il loro ultimo saluto al Comandante. Di sicuro conta anche con l’appoggio dei suoi vicini sudamericani: dal colosso Brasile ai “compagni” di rivoluzione Bolivia, Ecuador e Peru; da notare che inizialmente la Casa Bianca ha dichiarato di credere in un miglioramento dei rapporti con l’ascesa di Maduro, ma vista l’espulsione di due funzionari dell’Ambasciata americana a Caracas all’indomani del decesso di Chávez e le accuse di coinvolgimento americano nella sua morte è poco probabile che effettivamente credano a questa possibilità.
Quel che rende quest’ultima ipotesi, quella della vittoria di Maduro, la più probabile è il legato lasciato da Chávez: è riuscito ad abbassare il livello delle diseguaglianze sociali tramite una migliore distribuzione del reddito, a stimolare la crescita del PIL, diminuire il tasso di disoccupazione (da 14,5% a 8%) e ad aumentare il PIL pro capite (da 8.200,00 US$ a 13.200,00 US$). Inoltre, Maduro avrà 30 giorni per convocare le elezione e in tale periodo potrà utilizzare la macchina del governo a suo favore, come ad esempio la diffusione in rete radio-televisiva ad intervalli regolare del comunicato nel quale Chávez dice chiaramente che qualora dovesse venire a mancare il popolo dovrebbe dare la fiducia del voto a Maduro.
Dal suo lato, Capriles potrà utilizzare l’asso della dipendenza del petrolio che ha generato una serie di disequilibri nell’economia venezuelana tra questi l’aumento dell’inflazione e l’aumento delle importazioni di prodotti industriali e primari a discapito degli investimenti su poli produttivi interni.
Ancora una volta il futuro del Venezuela si giocherà sulle scelte inerenti all’uso della maggior risorsa presente nel paese: il petrolio (nel 2011 l’OPEC dichiarò che il paese detiene la maggior riserva mondiale di petrolio). Maduro dovrà mantenere la rotta iniziata da Hugo Chávez ma allo stesso tempo dovrà affrontare il problema dell’investimento nella economia interna su settori diversi da quello petrolifero, mentre Capriles cercherà di usare i suddetti disequilibri come movente per il cambio di rotta. Questa scelta insieme al rapporto con le potenze occidentali (principalmente con gli Stati Uniti) sarà il focus della campagna che porterà all’elezione del successore che scriverà il capitolo post Hugo Chávez.
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Ottimo articolo!!!