“…tutto ciò che vogliamo è essere trattati come esseri umani, viviamo come tali, e dovremmo essere trattati come tali… mai prima d’ora ci avevano fatto sentire così tanto che siamo diversi. Ora lo sentiamo davvero.” Una coppia di anziani rom, ad Avas, Ungheria, ottobre 2012.
Strano a dirsi, ma nella democratica Europa, premio Nobel per la pace, ci sono ancora dei cittadini che subiscono violenze e discriminazioni legate alla razza. Lo denuncia nuovamente Amnesty International, lanciando l’azione “Diritti umani qui, diritti dei rom adesso”, in occasione dell’8 aprile, giornata mondiale dei rom e dei sinti. Secondo l’ong fondata da Peter Benenson, dei sei milioni di rom che vivono nei paesi UE, otto su 10 sono a rischio di povertà e solo uno su sette ha terminato le scuole di secondo grado.
La situazione appare ancora più devastante sfogliando il briefing “Diritti umani qui, diritti dei rom adesso – un campanello d’allarme per l’unione europea”, diffuso in seguito all’azione: la quasi totalità degli individui rom vivono segregati in insediamenti abitativi precari, spesso accanto a siti inquinanti, con accesso scarso o nullo all’acqua e ai servizi igienici, da dove possono essere sgomberati in qualsiasi momento – sebbene il diritto all’alloggio sia universalmente riconosciuto dalla comunità internazionale. Un capitolo a parte meritano i bambini di etnia rom e sinti: decine di migliaia di ragazzi e ragazze vengono formati in classi per soli rom, oppure secondo programmi ridotti in istituti per alunni con “lievi handicap mentali”.
Secondo gli ultimi dati raccolti da AI, il fenomeno della discriminazione razziale nei confronti dei rom è ugualmente diffuso in tutto il continente. In Ungheria, crimini d’odio si consumano nell’indifferenza della polizia: secondo il Centro europeo per i diritti dei rom (ERRC), “9 rom sono stati uccisi in Ungheria, tra cui anche 2 bambini, a seguito di attacchi a sfondo razzista, tra il 2008 e il 2009.” Silvana, che abita nell’insediamento informale Ponova vas a Grosuplje, Slovenia, ha raccontato ai ricercatori di AI quanto sia difficile il suo essere donna, metafora di quella di milioni di altre cittadine di etnia rom:
“Non posso lavarmi davanti a mio marito o ai miei figli. Se gli uomini non sono a casa, noi donne ci laviamo nel ruscello. In inverno, ci si può solo lavare i capelli e il viso. Non possiamo stare nude davanti ai nostri figli. Andiamo in bagno dietro la casa – il più lontano possibile, in un fosso… Di notte devo prendere la torcia per andare in bagno, alla luce del giorno dobbiamo stare sempre a controllare che non ci sia nessuno in giro che ci possa vedere.”
Non è da meno l’Italia: con l’introduzione dell”emergenza nomadi”, le autorità italiane hanno avallato sgomberi forzati, segregazione abitativa e politiche discriminatorie nei confronti dei rom in tutta la penisola. Emblematico il caso di La Barbuta, il “villaggio attrezzato” per soli rom aperto a Roma, in cui sono state forzatamente trasferite 200 persone dal campo di Tor De’ Cenci. La violazione dell’integrità fisica e psichica delle persone sottoposte a sgomberi forzati è ottimamente riassunta da questa dichiarazione di un residente di Tor De’ Cenci, giugno 2012, ad AI: “Qui [a Tor de’ Cenci] tutto è semplice, vicino al campo… il Comune ci ha detto che ce ne dobbiamo andare, in un modo o nell’altro. Ci hanno detto che useranno la forza per buttarci fuori di qui e che qui non rimarrà nessuno… Non abbiamo scelta”.
Sono passati tredici anni dall’introduzione della direttiva sull’uguaglianza razziale nell’ambito del diritto comunitario, ma i cittadini rom continuano ad essere presi di mira nei 27 paesi dell’UE. La Commissione Europea ha il potere, il diritto e il dovere di intervenire contro gli stati che non rispettano il diritto comunitario. In questo senso John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di AI, ha dichiarato: “l’Ue dovrebbe attuare immediatamente le numerose misure a sua disposizione per sanzionare i governi che non contrastano la discriminazione e la violenza ai danni dei rom”. Discriminazione e violenza che, secondo Amnesty International, non sono frutto del caso, bensì conseguenza di razzismo diffuso nei confronti di una determinata fascia di popolazione: razzismo contro cui gli stati europei non alzano un dito.
“Se l’Unione europea si rende conto che esiste discriminazione nel nostroPaese, dovrà agire … la Romania ha aderito all’UE con tutte le etnie presenti sul suo territorio, compresi i rom, gli ungheresi e gli ebrei. Così, anche noi – i rom – facciamo parte dell’UE.” Claudia, una donna rom di Cluj-Napoca, Romania, 2012.
Rossella De Falco
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