di Eleonora Dutto
Decidere di staccare dalla metropoli di Melbourne per un salto nella selvaggia Tasmania è facile come prendere un autobus: più voli in un giorno e una sola ora di viaggio basta per raggiungere la capitale dell’isola “nell’isola”, Hobart.
Dalla Tasmania ci si aspetta soprattutto natura, trekking, bushwalking e siti storici legati alla nascita di questa terra come penitenziario per i detenuti inglesi. Invece, inaspettatamente, sin dall’aeroporto, i viaggiatori sono stuzzicati dalla pubblicità atipica del MONA, Museum of Old and New Art. La brochure nera fa pensare ad un locale notturno, il ventaglio di scelte di trasporti per raggiungerlo (traghetto, pullman o bicicletta) incuriosiscono e infine le ermetiche descrizioni non lasciano altra scelta che scoprire questa novità di persona.
Una volta a bordo del traghetto, l’esperienza del MONA ha inizio: un lussuoso cruise, decorato con graffiti nelle pareti interne, offre nella mezzora di tragitto dal porto di Hobart l’assaggio di una crociera, e lo stupore si amplifica quando si approssima la vista del Museo, costruito nella zona del Moorilla Winery. Si scopre che il museo è scavato nella roccia, interrato per tre piani e dentro gli spazi sono ampi, il gioco di scale ed ascensori sfalsati invoglia a scoprire ogni angolo, le pareti rocciose e la luce soffusa renderebbero lo spazio affascinante anche fosse vuoto.
Ma non lo è: il MONA è un ricco (circa 400 pezzi) ed originale museo d’arte che non ha assolutamente nulla da invidiare alle strutture europee. Costruito appena nel 2011, è il museo privato più grande dell’Australia, di proprietà di David Walsh, giocatore d’azzardo professionista, raccoglie una collezione di antichità, artigianato tribale, aborigeno e specialmente opere d’arte contemporanee, molte delle quali realizzate proprio per l’apertura del museo.
Ogni visitatore viene equipaggiato da un iPod touch pre-impostato che localizza le opere circostanti ad ogni passo, offrendo per ognuna descrizioni, commenti, musica e l’audio di interviste agli artisti.
L’atmosfera del MONA lascia senza parole, ma il vero spettacolo inizia con delle installazioni affascinanti: un soffitto di grandi lampadine che seguono il battito del cuore di chi ne stringe gli interruttori a cui sono collegate, una parete di cassetti parlanti per ogni attimo della vita e una cascata che disegna con l’acqua il bombardamento di parole attuali e più comuni utilizzate nei mass media australiani.
E il resto degli spazi non delude fino alla fine: raffigurazioni trasgressive e provocatorie di religione, sesso, morte e della cultura moderna; creazioni che coinvolgono più sensi non solo la vista, ma anche tatto ed olfatto, come il tanfo della “Cloaca Professional” anche detta “Poo-Machine”.
Nel complesso il museo sotterraneo comprende anche il cinema-teatro e un winepub, perfettamente in linea con l’originalità della struttura.
Sin dall’apertura, i giornali nazionali l’hanno soprannominato la sovversiva Disneyland per adulti. Se uno dei luoghi comuni più diffuso sull’Australia è quello che la dipinge come un paese soprattutto naturalistico, spesso selvaggio, ma raramente produttore di arte e cultura propri, il MONA dimostra il contrario in modo stupefacente.
Profilo dell'autore
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Come si possono sentitizzare 30 anni di vita e il carattere di una donna in una biografia di poche righe? Proviamo:
Nata a Roma ma non romana fino all'osso.
Italiana ma meticcia nell'animo, grazie alla ricchezza assorbita dalle esperienze in giro per il mondo e dal contatto con le altre culture anche nel mio paese.
Laureata in Relazione Internazionali ma appassionata di Cooperazione Internazionale, migrazioni e diversità culturali.
Fundraiser ma insegnante di italiano per stranieri.
Amante della storia e delle tradizioni ma Viaggiatrice sempre in cerca di nuove idee per creare "Altro".
...E in questo caso: Blogger per apportare il mio contributo al progetto interessante ed oggi più che mai necessario di Frontierenews.it, per sostenere un "mondo plurale".
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