Ieri la notizia dell’ arresto di un ex ufficiale israeliano, da parte della Polizia di Frontiera di Fiumicino con la collaborazione dell’Interpol. L’uomo era ricercato a livello internazionale perché accusato di traffico di organi umani; i capi d’accusa vennero individuati in un’operazione di polizia nel 2010.
Nel 2011 il ministro palestinese per gli Affari dei Prigionieri, Issa Qaraqe, aveva denunciato: “In Israele ha sede il più vasto centro di commercio internazionale di organi, proprio a causa del costante traffico degli organi dei detenuti palestinesi deceduti“.
In Israele mancano donatori di organi, a causa della religione che vieta ogni tipo di dissezione del cadavere. Secondo dati statistici della Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre in Europa e negli USA si conta circa il 40% delle persone iscritte alle liste dei donatori di organi, in Israele solo il 5%. Questa situazione comporta la continua ricerca da parte delle autorità sanitarie, a livello mondiale, di organi da trapiantare.
Da anni sono migliaia le denunce che i famigliari di detenuti palestinesi deceduti hanno fatto agli organi competenti, circa la mancata restituzione dei cadaveri dei loro cari. L’accusa che viene mossa allo stato di Israele è quella di non voler restituire i corpi per nascondere gli evidenti segni dell’asportazione illegale degli organi vitali.
Testimoni affermano che quando alcune salme vengono restituite, sono avvolte in drappi verdi sigillati in modo da nascondere il corpo ed impedire l’apertura. “Capita che calando il cadavere nella fossa, secondo la nostra usanza senza bara, per un difetto delle saldature il lenzuolo che lo avvolge si apra, mostrando il classico segno a Y che si vede nei film quando hanno eseguito un’autopsia”, dice la madre di un ragazzo deceduto in un carcere di Tel Aviv. Il famoso reportage del giornalista svedese Donald Boström denunciò come l’esercito israeliano fosse solito a rapire giovani palestinesi per estrarre loro gli organi e farne lauti guadagni.
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