Ethem Sarisuluk, questo è il nome del ragazzo ucciso ieri ad Ankara durante gli scontri tra manifestanti e forze di polizia. A causare il decesso sarebbe stato un colpo di arma da fuoco che lo ha centrato alla testa. Ad annunciarlo è stato Metin Bakkalci, segretario generale della Fondazione turca per i diritti umani, che in un’intervista ha dichiarato che “i medici ne hanno accertato la morte cerebrale”.
Ieri erano giunte notizie non confermate di due manifestanti uccisi dai lacrimogeni sparati dalla polizia ad altezza d’uomo ma questa è la prima vittima ufficiale della rivolta popolare che da tre giorni sconvolge la Turchia. La repressione violenta voluta dal premier Erdogan ha inoltre causato il ferimento di migliaia di persone e l’arresto di 1.700 manifestanti in tutto il Paese. E proprio l’eccessivo uso della forza ha trasformato una pacifica protesta ambientalista in difesa del Gezi Park di Istanbul in una ribellione di massa a difesa della laicità della Turchia.
Il popolo turco protesta contro la re-islamizzazione del loro Paese, decisa dal partito islamista AKP, al governo dal 2002. Islamizzazione che nell’ultimo mese ha subito una forte accelerazione con l’approvazione di una legge anti-alcool e con il divieto di effusioni nei luoghi pubblici. Proprio per protestare contro queste leggi, sabato sera ad Ankara i manifestanti hanno bevuto birra in pubblico scambiandosi baci nelle strade del centro.
Il premier Erdogan afferma che dietro le proteste ci sarebbero delle forze straniere e ieri si è scagliato contro i social network definiti una minaccia. “I migliori esempi di menzogne si possono trovare su Twitter”, ha tuonato, “per me i social media sono la peggior minaccia alla società”. E proprio su Twitter (#occupygezi e #occupyturkey) i giovani manifestati postano ormai da giorni le immagini degli scontri mentre sugli organi di informazione ufficiali le notizie sono censurate dal Governo.
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