Non si fermano le proteste in Egitto. Dopo l’ultimatum delle forze armate che hanno concesso 48 ore di tempo al presidente Mohamed Morsi per soddisfare le richieste della piazza, minacciando un intervento diretto, quest’ultimo in una nota ha fatto sapere di respingere le condizioni dell’esercito dichiarando che “quanto deciso dal capo delle Forze Armate rischia di causare confusione”.
LA MAGGIORANZA PERDE I PEZZI – Il governatore di Ismailiya, Hassan el Hawi, altro membro vicino ai Fratelli Musulmani, si è dimesso dopo esser stato nominato poche settimane fa dallo stesso presidente Morsi, mentre i ministri dell’Ambiente, dei Rapporti con il Parlamento, delle Risorse Idriche, delle Telecomunicazioni e del Turismo hanno presentato una lettera di dimissioni irrevocabili spiegando di volersi unire ai manifestanti perché contrari alla politica del governo. Ci sono stati anche contatti telefonici tra il presidente americano Barack Obama e il presidente egiziano. Obama, attualmente in Tanzania, lo ha esortato a rispondere alle richieste dei manifestanti. Il presidente Usa ha chiesto a Morsi “passi per dimostrare di essere reattivo alle loro preoccupazioni e ha sottolineato che la crisi può essere risolta solo attraverso un processo politico”.
ALMENO 16 VITTIME – Negli ultimi due giorni a tanto ammonta il bilancio dopo gli scontri, anche se media locali parlano addirittura di 20 morti. Le vittime dell’assalto alla sede della Fratellanza al Cairo sono 8, le altre si sono registrate ad Assiut, Kafr el Sheikh, Alessandria, Beni Suef e Fayum. Uno degli ultimi a perdere la vita è stato un ragazzo di 26 anni, colpito alla testa da colpi d’arma da fuoco durante gli scontri di domenica 30 giugno al Cairo davanti alla sede dei Fratelli Musulmani, dove è asserragliato Morsi.
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