Testo e foto di Stefano Romano
Ieri centinaia di filippini hanno occupato piazza del Popolo per dare vita alla Giornata mondiale del popolo filippino contro l’occupazione cinese di parte del loro territorio nazionale. La data della protesta coincide con l’anniversario della creazione della nuova prefettura cinese di Sansha City che secondo il governo di Pechino avrebbe giurisdizione in un’area che comprende l’intero Mare del Sud della Cina conosciuta anche come “9-dash line”. Nel mese di maggio tre navi militari cinesi si sono stazionate nella barriera di Anyungin a soli 105 miglia dall’isola Filippina di Palawan in una zona sorvegliata da una base permanente della marina filippina.
Per comprendere bene questo aspro contenzioso territoriale tra Cina e Filippine, si legga lo studio A Primer – The West Philippine Sea. The Territorial and Maritime Jurisdiction Disputes from a Filipino Perspective dell’Asian Center and Institute for Maritime Affairs and Law of the Sea dell’Univeristà delle Filippine, dell’aprile del 2013.
I territori di cui stiamo parlando, situati nel Mare Occidentale delle Filippine che fa parte del Mare del Sud della Cina, sono un complesso di isole conosciute come le Kalayaan Island Group (KIG) e Bajo de Masinloc (BdM) noto come Scarborough Shoal. Le KIG è un gruppo di circa 50 isole o scogliere (spesso sotto il livello del mare) che contornano le acque filippine, localizzate nella zona conosciuta a livello internazionale con il nome di Spratly Islands. Le isole, le scogliere e le rocce delle KIG sono vicine alla Filippine e furono formalmente incorporate alla municipalità della provincia di Palawan durante l’amministrazione del Presidente E. Marcos attraverso il Decreto Presidenziale n. 1596 nel 1978.
Ricordiamo che la distanza tra Puerto Princesa (la capitale di Palawan) e Pag-asa Island – la più grande isola delle KIG – è di 280 miglia marittime, a solo un’ora e mezzo di aereo. Mentre Bajo de Masinloc è a 124 miglia dalla costa. Le KIG sono una municipalità della provincia di Palawan e contano 305 abitanti nel 2010, e rivestono una vitale importanza per la sicurezza e la sopravvivenza economica delle Filippine, in quanto sono collocate in una zona strategica per la salvaguardia nazionale in caso di attacchi militari nemici. Sono importanti per i pescatori grazie alla loro ricca fauna marina, ma soprattutto sono fondamentali per la sicurezza energetica, essendo ricche di riserve di petrolio e minerali. Secondo uno studio del 2004 i possibili ricavi dalle ricchezze della pesca, turismo ed energetico delle KIG varrebbero alle Filippine circa 5 bilioni di Pesos. Se le Filippine usufruissero del petrolio e dei gas delle isole corpirebbero la richiesta di benzina del paese per i prossimi venti anni, e non dovrebbero importare energia dall’estero per 500 milioni di dollari all’anno; c’è chi aggiunge che un tale beneficio economico risparmierebbero alle Filippine anche il triste primato di paese con maggior esportazione di forza lavoro all’estero (OWF).
Quindi sia le KIG che Bajo de Masinloc appartengono alle Filippine, questo ultimo risale addirittura alla colonizzazione spagnola, mentre è del 2009 la sua ufficiale integrazione giuridica nel territorio filippino con l’atto della Repubblica n. 9522.
Il problema è che questi territori sono disputati da altre cinque nazioni nel Mare della Cina, ovvero: Cina, Taiwan, Vietnam, Malesia e Brunei, le quali si contendono la sovranità delle singole isole, andando contro la dichiarazione della UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea) che nel 2009, con l’Art.54, accordò alle Filippine l’appartenenza ufficiale di tali territori.
Attualmente la Cina occupa sei scogliere, la Malesia cinque, le Filippine nove, Taiwan una e il Vietnam ventidue; tutti interessati alla loro posizione strategica a livello militare e commerciale, e alla loro ricchezza petrolifera. Gli attriti tra Cina e Filippine iniziarono nel 1974 con scontri tra imbarcazioni, minacce ai pescatori e istallazioni militari. La tensione tra i due paesi ha avuto varie fasi, con un picco nel 1995, anno in cui occuparono il Panganiban Reef, a cui è seguito il tentativo di alleggerire lo scontro con la firma di un “Codice di Condotta”; però nell’aprile del 2012 altri incidenti tra le navi nelle KIG e la occupazione del Bajo de Masinloc con ottanta navi della marina militare cinese hanno acuito nuovamente la belligeranza. Già nel 1983 la Cina dichiarò proprio Bajo de Masinloc, impedendo all’esercito navale filippino o ai pescatori di avvicinarsi.
Le Filippine in questi anni hanno provato in vari modi, appellandosi all’UNCLOS o all’ASEAN (che riunisce i paesi del sud-est asiatico), ad evitare lo scontro, ma l’occupazione permane e la popolazione filippina mondiale è ormai esasperata. Il danno economico è notevole, la barriera di Ayungin che è considerata la porta d’ingresso all’area contigua conosciuta come Recto Bank – anch’essa di proprietà cinese – ha giacimenti di 213 miliardi di barili di petrolio e di 57 miliardi di metri cubi di gas naturale. Per questo l’intera comunità filippina in ogni città del mondo si è mobilitata per dire basta. Sia con lunghe giornate di preghiera, coma la Prayer rally organizzata a Roma dal Presidente della consulta cittadina per la rappresentanza delle comunità straniere del comune di Roma Alex Mendoza, il 21 luglio, in contemporanea in altre città del mondo e chiamata “Worship not Warship” per pregare contro una guerra che i filippini avvertono imminente. Sia con la protesta di Piazza del Popolo, tra fiaccolate, bandiere umane, interventi dei vari rappresentanti delle comunità filippine e esibizioni dei gruppi artistici dei bambini, proprio a rimarcare che in ballo c’è il futuro delle nuove generazioni di questo popolo.
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