“Non voglio che il mio nome sia associato a un’organizzazione islamofoba. E chi è a finanziare le Femen? Se fosse Israele? Voglio saperlo”.
ISLAMOFOBIA – In un’intervista rilasciata all Huffington Post Maghreb, la Femen tunisina Amina Sboui (conosciuta anche come Amina Tyler) annuncia il suo addio al noto gruppo femminista. Dopo due mesi e mezzo di detenzione, contraddicendo quanto dichiarato appena uscita dal carcere, la diciottenne Amina abbandona le Femen. La goccia che ha fatto traboccare il vaso? “Non mi è piaciuta l’azione in cui le ragazze strillavano ‘Amina Akbar, Femen Akbar’ (prendendo in giro una preghiera islamica) davanti all’ambasciata di Tunisia in Francia, o quando hanno bruciato la bandiera di Tawhid (l’unicità di Dio, dogma fondamentale dell’islam) davanti alla moschea di Parigi”. L’attivista, diventata popolare a livello mondiale dopo aver diffuso in rete le sue foto a seno nudo – nella tipica forma di protesta che caratterizza le Femen – ha ribadito che “bisogna rispettare la religione di tutti” e si è definita “anarchica”, spiegando bene cosa voglia dire per lei questa parola.
ANARCHIA – “Anarchia”, spiega la Femen al HP, “non significa disordine, come molti potrebbero pensare. ‘Anarchia’ non significa che vogliamo distruggere tutto. Vogliamo solo abbattere un sistema sbagliato. Certo, se la polizia spara contro qualcuno, non li premio offrendo loro un libro. A volte, la violenza è obbligatoria”.
FINANZIAMENTI OSCURI – Ma non c’è soltanto la questione religiosa alla base della scelta di Amina. La ragazza ha dichiarato che il gruppo femminista riceve finanziamenti di dubbia provenienza. “Non le conosco (le fonti di finanziamento, ndr). Ho chiesto più volte a Inna (Shevchenko, la leader delle Femen, ndr) ma non ho mai ottenuto risposte chiare. E se fosse Israele a finanziare l’organizzazione? Voglio sapere”.
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