Cosa è e come funziona il Consiglio di sicurezza dell’Onu

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In questi giorni in cui la comunità internazionale sta decidendo le sorti della Siria torna di estrema attualità il ruolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu, uno dei principali organi delle Nazioni Unite a cui è affidata la responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Nello specifico, il Consiglio ha poteri di natura conciliativa che si concretizzano nel fare raccomandazioni alle parti di una controversia internazionale. La Carta delle Nazioni Unite conferisce inoltre al Consiglio poteri di natura coercitiva che consistono nell’adozione di misure preventive (art. 40) o di misure dirette contro gli Stati trasgressori, sia di natura economica (art. 41) sia comportanti l’uso della forza militare (art. 42).

Il Consiglio venne istituito il 24 giugno del 1945 e si riunì per la prima volta a Londra il 17 gennaio del 1946. Da allora ne fanno parte 5 membri permanenti che sono i vincitori della seconda guerra mondiale: USA, Cina, Regno Unito, Francia e Russia. Ad essi si aggiungono 10 membri non permanenti nominati tra gli Stati che aderiscono alle Nazioni Unite e che restano in carica per un biennio. Nell’elezione dei membri non permanenti, l’Assemblea deve considerare il contributo dei singoli Paesi al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e il criterio dell’equa distribuzione geografica. Tutte le decisioni prese dal Consiglio sulle questioni sostanziali debbono essere approvate da almeno 9 Stati membri su 15 e con nessun voto contrario da parte dei membri permanenti, ai quali spetta il diritto di veto. Negli anni questo diritto è stato fatto valere in 279 occasioni, ovvero ogni volta che si andavano a toccare gli interessi di uno dei membri permanenti. In molti casi, però, è stata sufficiente la semplice minaccia di utilizzare il diritto di veto per bloccare ogni decisione.

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Nel caso siriano, per esempio, dopo l’attacco chimico avvenuto il 21 agosto nella periferia di Damasco che ha causato 355 morti e 1.729 feriti, l’Onu ha immediatamente inviato i suoi ispettori per stabilire se l’attacco fosse responsabilità dei ribelli o del Governo di Assad. Il Consiglio di sicurezza al momento è in attesa della relazione degli ispettori dell’Onu , mentre Russia e Cina, storici alleati della Siria, hanno già fatto sapere che qualsiasi azione militare verrà bloccata dal loro voto contrario all’interno del Consiglio di sicurezza. E’ per questo che Usa e Francia stanno prendendo in considerazione la possibilità di intervenire al di fuori di un mandato dell’Onu, come già avvenne  in Kosovo nel 1999,  in Afghanistan nel 2001 e  in Iraq nel marzo del 2003, quando le famose armi di distruzione di massa di Saddam, utilizzate per motivare l’intervento, non si trovarono. Anche nel marzo del 2011 la Nato ha bombardato la Libia senza mandato ma con la giustificazione di far rispettare la no-fly zone stabilita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e violata dall’aviazione libica. In tutti questi casi la legittimazione dell’Onu è arrivata postuma, aggirando in qualche modo il diritto di veto dei membri permanenti.

Giusto ieri, 2 settembre 2013, si festeggiava l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Sono passati 68 anni ma gli equilibri del mondo sono ancora nelle mani delle cinque nazioni vincitrici di quel conflitto, come se il tempo si fosse fermato. Nello specifico la pace globale dipende dai voti decisivi di Cina e Russia, Paesi che non hanno molta dimestichezza con la democrazia e i diritti umani. Ma anche dal voto degli USA, lo Stato che nel dopoguerra ha partecipato a più conflitti nel mondo e che è governato da un Nobel per la pace che minaccia attacchi unilaterali e che in 5 anni non è stato in grado di chiudere il campo di prigionia illegale di Guantanamo.

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La promozione della pace nel mondo può passare solamente per una riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu che abolisca il diritto di veto dei membri permanenti, diritto che blocca qualsiasi intervento tempestivo a tutela delle popolazioni civili rimandandolo a quando la situazione è ormai fuori controllo. Come oggi, che a fronte di 110.000 morti in due anni di guerra in Siria ci ritroviamo a discutere su chi sia il responsabile dei 355 morti della strage di Ghouta. E’ arrivata l’ora di coinvolgere nella governance mondiale tutti i Paesi del mondo, valorizzando il ruolo di quelle nazioni che rispettano i diritti umani e promuovono concretamente la pace a scapito di altre come Cina e Russia, i cui regimi calpestano quotidianamente i diritti dei propri cittadini. A quel punto il Consiglio di sicurezza dell’Onu, legittimato di fronte all’opinione pubblica e libero dai veti incrociati, potrebbe prendere in maniera repentina delle decisioni a tutela dei più deboli e non di meschini interessi nazionali. L’alternativa è rimanere a guardare di fronte alle stragi di civili causate dai dittatori o dalle cosiddette “missioni di pace”, due facce della stessa medaglia.

di Manuele Petri


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