In un momento di profondi stravolgimenti dell’economia come quello che stiamo vivendo, il primo riscontro nella realtà di tutti i giorni è lo sviluppo di nuove figure professionali. Io sono un fundraiser. Molti, leggendo questa parola, hanno immediatamente pensato a quegli insopportabili dialogatori con la pettorina colorata che bloccano per strada i malcapitati per chiedere un euro per buona causa. In quest’immagine ci sono sicuramente elementi utili a spiegare la mia professione, ma non è cosi semplice.
Vi siete mai chiesti: come possono le associazioni senza fine di lucro (onlus) autofinanziarsi? Il fundraiser (in italiano, letteralmente, ricercatore di fondi) è la figura professionale del Terzo Settore che, in collaborazione con l’apparato dirigenziale e con le politiche di comunicazione, sviluppa le strategie di ricerca finanziamenti al fine di sostenere la Onlus.
La domanda che mi viene posta una volta che qualche temerario si è concentrato a seguirmi fino a questo punto è: “E quali sono queste strategie?”. E qui perdo purtroppo l’attenzione di chi mi ascolta dopo circa 5 minuti scarsi. Perché quando ti incammini in un percorso professionale che senti profondamente tuo è difficile essere concisi. Come si può sintetizzare una passione?
Lo scorso venerdì 15 novembre, l’auditorium della sede romana dell’Unicef ha ospitato il primo Open Day dell’Associazione Italiana Fundraiser di cui faccio parte da quest’anno. Finalmente un evento in cui non dovevo spiegare il mio lavoro ma dove discuterne, confrontarmi, apprendere. In una parola un’occasione per crescere.
Il convegno ha permesso di conoscere le storie di interessanti e floride realtà sociali nazionali ed internazionali: Fondazione Meyer di Firenze, L’altra Napoli Onlus, Explora il Museo dei Bambini di Roma, Medici senza Frontiere ed associazioni spagnole, inglesi e danesi della European Fundraising Association.
Il Terzo Settore vive spontaneamente di questo continuo confronto e scambio, in antitesi alle dinamiche delle realtà profit (con fine di lucro). Il valore aggiunto di aver reso la figura del Fundraiser una professione qualificata è quello di aver creato dei percorsi formativi adeguati. L’Open Day è stata anche l’occasione per fare una sintesi delle offerte formative esistenti nel territorio nazionale: la Scuola di Fundraising di Roma, The Fundraising School del Centro Universitario di Bertinorio, il Master dell’Università di Bologna, il Master internazionale Asvi.
Finalmente, in una giornata aperta a tutti, si è discusso ad alta voce dei limiti e delle necessità di sviluppare questo lavoro in Italia, un paese che è palesemente resistente agli investimenti nella cultura e nel sociale. Si sono toccati i temi scomodi, quelli della Responsabilità Sociale D’Impresa e dell’importanza della coerenza con la propria causa nelle scelte di fundraising.
Il titolo dell’evento era “Fundraising: l’Italia è pronta?”; anche qui una domanda a cui non posso rispondere in poche righe. Credo che si stia iniziando a percorrere una strada importante per incanalare il cambiamento che stiamo affrontando e sono felice di partecipare. L’intervento con cui si è chiusa la giornata sarà il leit-motiv del mio lavoro: un buon fundraiser deve dedicarsi in maniera limitata degli aspetti finanziari, piuttosto dovrà ricordarsi che le persone vengono sempre prima delle cose e continuare a raccontare loro la storia di cui si fa portavoce. Questo fa la differenza ed è il motivo per cui ho scelto questa strada.
Profilo dell'autore
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Come si possono sentitizzare 30 anni di vita e il carattere di una donna in una biografia di poche righe? Proviamo:
Nata a Roma ma non romana fino all'osso.
Italiana ma meticcia nell'animo, grazie alla ricchezza assorbita dalle esperienze in giro per il mondo e dal contatto con le altre culture anche nel mio paese.
Laureata in Relazione Internazionali ma appassionata di Cooperazione Internazionale, migrazioni e diversità culturali.
Fundraiser ma insegnante di italiano per stranieri.
Amante della storia e delle tradizioni ma Viaggiatrice sempre in cerca di nuove idee per creare "Altro".
...E in questo caso: Blogger per apportare il mio contributo al progetto interessante ed oggi più che mai necessario di Frontierenews.it, per sostenere un "mondo plurale".
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