Risposta a Farhad Bitani, l’uomo che lapidava le donne in Afghanistan

Il 18 Novembre appare sul quotidiano online cattolico “Tempi” un articolo che colpisce soprattutto per il titolo curioso e altisonante: “Io che lapidavo le donne in Afghanistan, ora vivo per testimoniare la verità davanti al mondo”. L’articolo riporta la storia di Fahrad Bitani, rifugiato afghano in Italia che ci narra in sostanza di come in Afghanistan abbia partecipato alla lapidazione di due persone durante il regime dei talebani, di come non abbia fermato, pur avendone il potere, lo stupro di un bambino di 9 anni e di come infine redento, si sia accorto che la sua missione nel mondo è quella di far conoscere la “verità” dell’Afghanistan al mondo intero.

Nell’articolo, il protagonista delle vicende sembra sempre essere il perno attorno al quale ruota il mondo intero: davanti alla scena di una madre lapidata afferma di aver provato disagio. Di fronte allo stupro di un bambino dichiara di essersi sentito offeso. Nemmeno una volta Bitani si dice dispiaciuto per le vittime, nemmeno una volta afferma di essersi sentito in colpa. Tutto gravita attorno a lui, alla sua esperienza e pubblica “redenzione”. Tutto questo è puro solipsismo, l’esistenza del mondo non si riduce all’esperienza di esso, ed è anche assolutamente privo di sensibilità ed empatia con il genere umano.

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Il contenuto di questo articolo e le parole del protagonista offendono profondamente in primo luogo il popolo dell’Afghanistan, di cui si parla come di gente che durante il regime talebano, non avendo la possibilità di guardare la tv o bere alcol, “si stordiva con lo spettacolo della violenza e inebriava del sangue e della sofferenza altrui”, e in secondo luogo tutte le vittime di queste immani tragedie. I bambini, i rifugiati, i civili innocenti e tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per evitare che persone come il Bitani pre-redenzione o peggio come i talebani o i mujahedin da lui citati continuassero a commettere simili nefandezze. I cittadini di Kabul non erano contenti di andare ad esultare allo stadio e farsi complici degli omicidi dei terroristi di turno. Quelli non erano gli “afghani”, quelli erano i traditori del loro stesso popolo, erano i traditori dell’umanità.

Ci sono migliaia di donne e di uomini in Afghanistan che hanno lottato e continuano a lottare affinché i diritti umani vengano rispettati e gli orrori del passato non si ripetano mai più, affinché le discriminazioni e i genocidi etnici cessino di esistere. Quelle persone non erano allo stadio di Kabul durante il regime dei talebani ad applaudire il boia, quelle persone erano in esilio oppure nascoste per aver salva la vita.

Non vedo pentimento nel dire: “devo testimoniare la verità davanti a tutto il mondo”, vedo solo vanità in queste parole. Ha chiesto forse perdono al bambino stuprato che avrebbe potuto salvare? Ha chiesto perdono alle famiglie delle persone che ha lapidato? Il pentimento, quando è reale, è personale e va fatto nel silenzio della propria coscienza non sulle pagine di un quotidiano o di un libro.
Volete conoscere la storia dell’Afghanistan? Allora chiedete ai giovani rifugiati che dormono per le strade delle città d’Italia, chiedete al profugo appena sbarcato da una nave, o appena sceso dal tir sotto il quale era aggrappato, non chiedete a chi ha preso un volo di linea per arrivare in Europa a far carriera, ma a chi ha viaggiato per anni rischiando la vita. Quando andate a fare le vacanze nelle capitali d’Europa chiedete alle donne e agli anziani che dormono nei parchi e nelle stazioni. Perché non capirete mai l’Afghanistan e il suo popolo interrogando coloro che per primi hanno partecipato alla distruzione del loro stesso Paese.


Profilo dell'autore

Basir Ahang
Basir Ahang è nato in Afghanistan a Kabul ma dal 2008 vive e lavora in Italia. Giornalista di professione si occupa prevalentemente di Afghanistan e diritti umani con un’attenzione particolare alla situazione dei rifugiati e delle donne. Ha collaborato con diversi giornali e agenzie internazionali. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su BBC persian, Al Jazeera e Deutsche Welle. Basir Ahang si occupa anche di poesia e di cinema. Molte delle sue poesie sono state tradotte in italiano e in inglese. Attualmente collabora con diversi siti di informazione come frontierenews.it, kabulpress.org e hazarapeople.com
di cui è anche direttore.

Sito personale di Basir Ahang : http://www.basirahang.com
Twitter: @Basirahang

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