“Finché un giorno conobbi Santi, una ragazza che vive nel quartiere di Bengkayang. Il nostro incontro fu casuale. Successe quando visitai la casa di un mio amico. Santi mi aveva in qualche modo affascinato. Osservai il suo viso, non aveva nulla di particolare. Il suo modo di parlare non era convenzionale. Ma fu proprio il suo atteggiamento taciturno a far sbocciare i fiori dell’amore in questo mio cuore spezzato”. Di Jemy Haryanto (leggi la prima puntata)
Un anno di fidanzamento. Forse era un periodo troppo lungo per me nello stabilire un rapporto. Ma per chiedere a Santi di sposarmi, vi erano molte cose da prendere in considerazione. Lei frequentava ancora la scuola. I risparmi che custodivo sotto al materasso erano ancora una cifra molto piccola. Per di più i genitori di Santi pensavano che il nostro rapporto sino a quel momento fosse solo di amicizia, nulla di più.
Ma volevo che l’intenzione fosse unanime. Chiamai Santi per parlarle seriamente. E nel dormitorio dove Santi viveva ci mettemmo a discutere.
“Allora…che ne pensi, sorellina?” le chiesi quando la rividi, poiché ero abituato a chiamarla sorellina.
“Che ne pensi di cosa, fratello?”
“Del matrimonio!”
Santi non disse nulla. Io non ero arrabbiato. Stavo cercando di capire. In effetti non è facile rispondere ad una domande del genere. Ricordai a me stesso che Santi era all’università soltanto da sei mesi. Inoltre, entrambi i suoi genitori avevano grandi aspettative sulla loro primogenita, perché prendesse presto la laurea. Il matrimonio sicuramente avrebbe influito in qualche modo sulla sua concentrazione nello studio.
Ma al di là di ogni aspettativa, Santi accettò di sposarmi. Non vi dico la gioia nel mio cuore. Era come un arcobaleno a mezzogiorno, immediatamente il mio cuore si riempì di colori.
“Grazie, sorellina,” le dissi, poi la baciai sulla fronte con delicatezza.
“Grazie a te, fratello. Ora, è arrivato il momento che chiarisca tutto ai miei genitori, soprattutto a mio padre.”
“Era quello che avevo in mente,” le risposi. Perfetto.
“Se non ci saranno intoppi, questa domenica verrò a casa tua. Così, soltanto per portare la notizia ai tuoi, chiarire le mie intenzioni e i miei obiettivi.”
IL GRANDE GIORNO È ARRIVATO. Dopo aver ricevuto la benedizione di mia madre, mi diressi verso la casa di Santi, proprio nel giorno promesso. Non ero più in grado di contenere quel senso di eccitazione mista a nervosismo. Quei sentimenti infuriavano nel mio cuore, diventando uno solo, mentre ero in viaggio. Poi quando i miei piedi cominciarono a posarsi sotto il portico di casa sua, era come se galleggiassi nell’aria. Volevo quasi rimettermi le scarpe e tornare a Pontianak. Ma…
“Assalamu’alaikum,” dissi, con le ginocchia tremanti.
“Oh, sei tu, ok. Entra,” mi rispose brevemente il signor Sudri, padre di Santi.
Mi misi subito a sedere sul divano. I miei occhi non la smettevano di osservare l’intero soggiorno. Non lo so, quel giorno era come se improvvisamente tutto mi fosse estraneo. Le pareti, i tavoli, le sedie, ed ogni sorta di oggetto appeso ai muri. Anche se avevo più volte già visitato quella casa, non avrei voluto comportarmi in maniera errata.
“Santi non c’è. È via con Mira da questa mattina. Allora, avevi bisogno di qualcosa visto che sei venuto qui?” Mi chiese il signor Sudri, apparendomi improvvisamente davanti. Poi si sedette sul divano, si accese una sigaretta. Ero rimasto un po’ sorpreso da ciò che avevo sentito, e non risposi subito, ma cercai di calmarmi.
“Cosa…, Santi non vi ha informato del mio arrivo, signore?” gli domandai.
“No.”
Oh Signore fammi sparire, niente stava andando come credevo. Avevo pensato che la discussione col signor Sudri sarebbe scorsa come l’acqua. Ero sicuro che conoscesse già le mie intenzioni ed il mio obiettivo, ma non era così. Ero un po’ infastidito anche, perché non sapevo proprio da dove cominciare. Ma con l’aiuto di Dio, finalmente iniziai a parlare.
“I…il motivo della mia visita qui, non è altro se non, chiedere la mano di Santi, signore,” dissi, con nervosismo.
“Che cosa?” il signor Sudri rimase di stucco. I suoi occhi mi fissarono, rendendo il mio viso pallido, le mani e le ginocchia non volevano smettere di tremare, mentre il cuore mi batteva in modo incontrollabile. Poi lui mi scrutò, da capo a piedi.
“Ma sicuro! Io non ti ho impedito di essere amico di Santi. Però, non sono mai stato d’accordo sul vostro fidanzamento, figuriamoci sul matrimonio!” Sbottò il signor Sudri adirato, puntandomi un dito in faccia. Potei solamente abbassare il capo. Poi continuò.
“Ma non rifletti. Lavori solo saltuariamente, e vorresti sposare mia figlia eh, che cosa le darai da mangiare poi. Sassi?! Quindi non sognartelo nemmeno, no. Non sognartelo neanche!”
Quell’uomo alto stava urlando, svegliandomi improvvisamente dal mio lungo sonno. Il mio cuore era come dei pezzi scalfiti di uno specchio rotto. Faceva male. Molto male. Non credevo che il signor Sudri mi avrebbe insultato in quel modo. Eppure non ero in grado di reagire, per non parlare di difendermi, perché forse ciò che diceva era vero. Ero povero.
“Bene, ora esci! Non tornare mai più in questa casa. Non contattare più Santi. Fuori!”
COME UN SOLDATO COLPITO A MORTE. Lasciai quella casa a passi incerti. Ma nel frattempo non ero più in grado di trattenere le lacrime agli occhi. Continuavano a cadere, solcando le mie guance. Così tenere. Così calde. Dolci come le carezze della mamma. Calde come l’affetto della mamma.
Quando tornai a casa, abbracciai forte mia madre, ed ero riluttante a togliermi da quell’abbraccio. Ero come un soldato che ha perso sul campo di battaglia, ferito a morte, che torna a casa ancora vivo mentre i suoi genitori sono sopraffatti dal dolore.
“Mi ha ingannato, mamma. Mi ha preso in giro,” le dissi senza riuscire a trattenere il pianto, ero sconvolto, fino a che le lacrime andarono a inzuppare la spalla di mia madre.
Mamma ritrasse le braccia, e mi asciugò delicatamente le lacrime. Sorrise.
“Dai, su. Forse non è lei quella giusta. Devi essere realista.”
“Hai forse dimenticato? Che ci sono tre cose in cui noi non possiamo interferire, ma possiamo soltanto prodigarci per esse? Sono il tenore di vita, il matrimonio, e la morte. Non possiamo imporre la nostra volontà, ma Dio conosce ciò di cui abbiamo bisogno. E tuo fratello ha ancora molto bisogno di te in questo momento.”
Rimasi un attimo in silenzio.
“Ma, mamma. Non è questo il problema. Ciò che mi fa piangere è il fatto che ci abbiano insultati, che ci abbiano guardato dall’alto in basso. Il mio cuore è malato, mamma.”
Quella volta mia madre stette in silenzio. I suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime. Sapevo che era sul punto di piangere, ma cercava di nasconderlo di fronte a me. Con labbra tremanti, mamma sorrise di nuovo.
“Su, accetta ciò che si dice di noi e basta. Dopotutto, quella è la verità. L’importante è lavorare con diligenza. Ora, è meglio che vai a fare l’abluzione laggiù, e preghi.”
“Va bene, mamma.”
TRA UNA SETTIMANA LA TERZA PUNTATA!
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