“Il paese più pericoloso del mondo per i giornalisti”. Così Reporters Senza Frontiere, nel suo ultimo rapporto, definisce la Siria. Se la stampa era già dal 2011 l’obiettivo principale del regime e degli squadroni ad esso connessi, ora c’è un’altra realtà di cui gli operatori dell’informazione in Siria devono tenere conto: le bande armate di matrice islamista.
“Se denunciano gli abusi a voce alta devono affrontare ritorsioni, se invece non lo fanno rischiano di sparire per i cui i media siriani hanno scelto la prima opzione. Nonostante intimidazioni e minacce, i media liberi siriani si stanno unendo ed oggi per la prima volta prendono posizione tutti insieme per chiedere la fine dei crimini a danno dei giornalisti. Si tratta di un fatto senza precedenti, che porta con sé un reale potenziale di cambiamento. Questa coalizione in sostegno della libertà di stampa e contro l’intolleranza ha il potenziale per essere il nocciolo di un più vasto movimento popolare. In ogni caso, la stampa siriana sta correndo un grave rischio impegnandosi in questa iniziativa, la loro mobilitazione avrà un forte impatto solo se riceveranno abbastanza sostegno sia a livello nazionale che internazionale potranno fare la differenza”.
Così il collettivo Free Press for Syria – che riunisce 20 media siriani – nel comunicato usato per promuovere la petizione, nata per sostenere i media siriani che rifiutano di scegliere solo tra un regime criminale o islamisti intolleranti ed estremisti, quei media che mostrano la possibilità di una terza via, contrapposta sia al regime siriano che alle forze jihadiste.
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