Brasile, popoli indigeni cacciati e repressi per far spazio ai Mondiali di calcio

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Il maggiore evento sportivo del 2014 sarà sicuramente il Campionato Mondiale di Calcio FIFA, che si terrà in Brasile la prossima estate. I riflettori e le telecamere di tutto il mondo saranno puntati sul Paese sud americano per quasi due mesi; l’evento (a cui seguiranno anche le Olimpiadi 2016, a Rio de Janeiro) – che coinvolgerà dieci città, milioni di brasiliani e miliardi di spettatori –  testimonia le ambizioni di questo paese, capofila delle economie emergenti.

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Ma non è tutto oro quello che luccica: data l’imminenza dei campionati di calcio, il governo dello stato di Rio de Janeiro ha deciso di abbattere, subito e con la forza, il quartiere/favela di Mangueira, complice la sua posizione centrale e la necessità di creare un parcheggio auto che servirà il Maracanà. In tutto questo, la popolazione (molto povera e costituita principalmente persone di lontana origine africana o discendenti di indios) non ha ricevuto nessun preavviso e zero giorni per potersi organizzare, costringendo i residenti a fuggire e lasciando quel poco che hanno nelle loro case: la popolazione – che non è stata, “naturalmente”, neanche chiamata in causa – ha visto arrivare ruspe e bulldozer sotto casa, distruggendo subito una dozzina di baracche; i residenti hanno protestato ma hanno ricevuto in risposta solo l’invio di centinaia di poliziotti che, secondo molte testimonianze (anche video e fotografiche), non hanno esitato a rispondere con inaudita violenza alle proteste degli abitanti.

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E sono state proprio queste violenze che hanno fatto scattare lo sdegno del mondo: nei video e nelle foto si vedono le forze di polizia che puntano le loro armi contro i manifestanti, soprattutto contro quelli che protestavano in maniera pacifica chiedendo semplicemente spiegazioni, e, durante una serie di manifestazioni contro lo sfratto, i militari non hanno esitato a lanciare lacrimogeni ed addirittura granate direttamente nelle case.

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Il municipio della città brasiliana aveva promesso che il quartiere non sarebbe stato toccato dai lavori per la Coppa del Mondo, ma evidentemente i piani sono cambiati in corsa e Mangueira è diventato un quartiere chiave; la stessa cosa è successa in altri quartieri, come ad esempio a Moro Sao Joao, dove i residenti avevano protestato per l’interruzione della corrente a tempo indeterminato, ricevendo in cambio la stessa risposta, ossia l’invio di forze di polizia fortemente armate.

Ci sono varie organizzazioni che si stanno occupando di questa nuova emergenza, come ad esempio l’ Organização Anarquista Terra e Liberdade OATL, che non è stata solo la prima a denunciare la violenza dei poliziotti, ma ha evidenziato il fatto che il governo, mesi fa, dichiarò che non c’erano abbastanza fondi per la costruzione di scuole ed ospedali nel quartiere (dove si vedono ancora mamme che partoriscono in strada senza neanche il minimo di assistenza sanitaria), mentre si sono trovati subito miliardi di Real per la costruzione di nuove ed avveniristiche infrastrutture.

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Il movimento NO WORLD CUP riunisce tutte le voci contro l’organizzazione dei Mondiali di Calcio in Brasile: non sarebbe infatti solo Rio ad essere interessata da violenze e soprusi contro la popolazione, ma in altre parti del pese le scene sarebbero le stesse. Anche nella città settentrionale di Manaus, in Amazzonia, sarebbero stati sfrattati decine di abitazioni indigene per la costruzione del nuovo stadio “Vivaldao – Arena Amazzonia”.

Emiliano Rossano

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