Per noi Assad e Daesh sono la stessa cosa, non combattono mai tra loro; quando al-Bab e Manbij sono controllate da Daesh il regime non bombarda, quando riconquistiamo le città gli aerei dell’aviazione siriana ricominciano a bombardarci. Questa guerra con Daesh ci impedisce di combattere contro Assad e per noi, se vince Daesh, ha vinto Assad.
Bashar Assad e il suo clan non sono gli unici nemici dell’opposizione armata siriana. I terroristi di ISIS (Stato islamico dell’Iraq e del Levante, acronimo in arabo Daesh) hanno infatti dichiarato guerra alle formazioni ribelli non in linea con il piano jihadista di al-Qaeda (di cui ISIS fa parte).
Cioè, di fatto, tutte (ad eccezione di qualche alleato minore). La sterminata galassia dei guerriglieri in Siria può essere riassunta in tre macro-schieramenti, le cui dinamiche costituiscono quella che gli attivisti definiscono “la seconda rivoluzione”.
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Esercito siriano libero, Esercito dei Mujahidin e Fronte Islamico hanno intrapreso una lotta senza quartiere ai miliziani di ISIS; gli interventi militari di questi ultimi – solitamente attentati e altri atti terroristici – sono infatti rivolti ai ribelli stessi e ai civili, ma non alle formazioni dell’esercito regolare (una strana coincidenza che ha portato a pensare a un diretto coinvolgimento del regime).
E poi ci sono i jihadisti di al-Nusra che, benché alcune sue unità collaborino strettamente con i ribelli contro ISIS, non ha mai dichiarato ufficialmente guerra a quest’ultima. Da al-Nusra è inoltre fuoriuscito un manipolo di milizie che, riunitosi sotto il nome di Jund al-Aqsa, combatte ora al fianco di Daesh.
Dati: Siria Libano (le stime sono riportate per difetto)
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