Immaginate di essere imprigionati, in attesa di essere impiccati. Di sentire continuamente il rumore del ferro battuto dagli operai che preparano il patibolo destinato a voi.
Selwyn Strachan, ex prigioniero del braccio della morte di Grenada
Sono almeno 778 le persone messe a morte nell’arco del 2013, costituendo un aumento del 15% rispetto al 2012 (a esclusione della Cina, dove la pena capitale è considerata segreto di stato). Lo si legge nell’ultimo rapporto di Amnesty International, secondo cui poco meno dell’80% di tutte le esecuzioni sono state registrate tra Iran, Iraq (principalmente per accuse di terrorismo) e Arabia Saudita (tra cui tre minorenni al momento del reato), ma anche Usa e Somalia sono tra i principali paesi responsabili del maggior numero di uccisioni. Sono invece quattro (Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam) i paesi che hanno ripristinato esecuzioni capitali nello scorso anno.
Scarica qui l’ultimo rapporto di Amnesty International
Quelli che sembrano essere passi indietro vanno però contestualizzati in un’ottica globale e a lungo termine; negli ultimi 20 anni è infatti diminuito il numero di paesi che eseguono condanne a morte, da 37 nel 1994 a 22 nel 2013. Ci sono stati inoltre, nel 2013, alcuni casi che fanno sperare in un prossimo raggiungimento dell’abolizione. In Bielorussia ad esempio, ultimo paese europeo a utilizzare pene capitali, per la prima volta dal 2009 non ci sono state esecuzioni, il Maryland è diventato il 18° stato statunitense ad abbracciare l’abolizionismo e il Pakistan ha sospeso l’uso della pena di morte.
Scarica qui la mappa con le condanne, esecuzioni nel 2013 e moratoria Onu 2012
Amnesty International ha sviluppato un’interessantissima infografica interattiva; basta cliccare su uno Stato nella mappa e potrete conoscere a fondo numeri e dati relativi alla pena di morte nel mondo nel 2013, tipologie di esecuzioni effettuate e quant’altro (sotto all’immagine il link all’infografica).
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