Conflitto e colonizzazione per Memmi, scrittore ebreo, tunisino e francese

Le conflit entre Juifs et Arabes
est l’une des absurdités de l’histoire:
un conflit entre duex peuples opprimés.
Albert Memmi in “Juifs et Arabes”, 1974

Albert Memmi è uno dei maggiori esponenti della letteratura magrebina di espressione francese, cui hanno dato il proprio contributo non soltanto arabi e berberi, ma anche gli ebrei sefarditi, discendenti di coloro che vivevano nella spagna andalusa prima della Reconquista cristiana e che, come loro, hanno subito la colonizzazione francese.

Nato a Tunisi nel 1920, nei suoi quarant’anni di scrittore ha portato avanti il triplo programma di essere Ebreo, Tunisino e Francese al tempo stesso, consacrando un gran numero di romanzi, saggi e scritti di vario genere ad indagare la questione della dominanza sociale.

Nel Ritratto del colonizzato e del colonizzatore (1957), Memmi ha intrapreso un’analisi delle strutture del dilemma coloniale, descrivendone le contraddizioni interne e le dinamiche delle successive ed inevitabili rivolte. Da Tunisino ebreo, egli credeva di possedere una prospettiva unica sulla questione. Composto quattro anni prima dei Dannati della Terra di Frantz Fanon, il libro ha assicurato una reputazione internazionale all’autore ed ha avuto un’ampissima circolazione.

Differentemente da Fanon, tuttavia, Memmi ha vissuto abbastanza per confrontarsi con le nuove sfide poste dalla decolonizzazione, finendo per realizzare che all’indipendenza della Tunisia non corrispondeva la liberazione dell’Ebreo in cui aveva creduto, poiché quest’ultimo faticava ancora ad accettarsi come tale. In Ritratto di un ebreo (1962) e La liberazione dell’ebreo (1966), egli ha argomentato come persino in Europa fosse impossibile per il proprio popolo un’autoaffermazione, convincendosi infine che l’unica soluzione al paradosso ebraico fosse la creazione di un uno stato ebraico: “una soluzione nazionale” come una “necessità sociologica”.

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Le sue riflessioni in merito a questa questione e al sionismo, che ha continuato a mettere su carta sotto forma di saggi, sono state raccolte successivamente raccolte in Ebrei ed arabi (1974); libro ancora tristemente attuale.
Osservato sia nella storia recente che più lontana in modo molto ambivalente, l’Arabo rappresenta agli occhi dell’Ebreo il vicino per eccellenza; un interlocutore privilegiato da secoli, anch’egli vittima dell’ingiustizia coloniale.

Tuttavia, egli è anche un nemico costantemente in agguato, di cui dubita, a causa degli storici privilegi di cui ha sempre goduto in terra d’islam, attraverso uno statuto che il potere francese ha poco rimesso in causa, assumendo a sua volta atteggiamenti anti-ebraici. I malintesi recenti ed il conflitto arabo-israeliano hanno esacerbato queste differenze.

Un simile atteggiamento traspare chiaramente dal libro del ’74 di Memmi, il quale pur definendosi un “ebreo-arabo” ed un “sionista di sinistra”, sostiene che non è il sionismo ad essere all’origine dell’antisemitismo arabo, bensì il contrario e ritorna indietro nel tempo fino al Medioevo, facendo riferimento al particolare statuto di dhimmi dei suoi antenati, in un intero capitolo dedicato ai Giudeo-Arabi. Il sionismo, in effetti, così come lo concepì Herzl alla fine del secolo scorso, era un movimento che si proponeva di liberare gli ebrei e risolvere il problema dell’antisemitismo in Occidente e, solo successivamente, si focalizzò sulla Palestina, come il luogo dove materialmente potevano realizzarsi queste idee (dopo che furono prese in considerazione e subito scartate alcune località del Sudamerica e dell’Africa Orientale).

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La definizione che traccia Memmi di questa ideologia appare di stampo liberal, identificando in Israele la risposta ad un’oppressione millenaria; per questa ragione egli non è disposto a cedere sulla questione, proponendo una soluzione socialista di assimilazione degli arabi musulmani nello stato di Israele, come cittadini di fede diversa, da un lato, e, dall’altro, la creazione di due stati, uno per gli Ebrei ed uno per i Palestinesi, comprendente la Giordania.

Benché egli voglia posizionarsi al di là sia di una visione giudeo-centrista sia islamo-centrista, Memmi fa appello a quello che definisce “egoismo spontaneo dei popoli” per legittimare le proprie considerazioni, annullando gran parte di quanto scritto nel Ritratto, dove egli afferma: “tutti gli oppressi si rassomigliano in qualche modo”.

Forse lo stesso Albert Memmi ha finito con l’ammalarsi della malattia da lui studiata; subendo un contagio retorico, che l’ha portato ad essere il colonizzatore che si rifiuta per eccellenza.

Bibliografia di riferimento:
– Dugas Guy (1990), La littérature Judéo-Maghrebine d’Expression Française, Parigi, Editions l’Harmattan;
– Memmi Albert (1974), Juifs et Arabes, Parigi, Editions Gallimard;
– Memmi Albert (1979), Ritratto del colonizzato e del colonizzatore, Napoli, Liguori Editore;
– Said Edward W. (2004), La questione palestinese, Roma, Gamberetti Editrice;
– Wilder Gary, Memmi Albert, “Irreconcilable Differences”, Transition, No. 71 (1996), Indiana University Press, p. 158-177;


Profilo dell'autore

Annamaria Bianco
Giornalista pubblicista dal 2012 e dallo stesso anno vagabonda fra Europa, Medio Oriente e Nord Africa. Traduttrice, anche. Il cuore come il porto della sua Napoli, scrive per lo più di interculturalità e mondo arabo-islamico.

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