Ahmad, usato come scudo umano a Gaza a 16 anni. Da soldati israeliani

Ahmad, il 16enne usato come scudo umano a Gaza. Dai soldati israeliani

Durante l’invasione della città di Khuza’a i militari israeliani hanno catturato un 16enne, torturandolo e obbligandolo a fare da scudo durante i rastrellamenti nei tunnel. L’affidavit rilasciato dal giovane – e ottenuto in esclusiva da +972 – sembra essere il primo caso documentato di civili palestinesi usati dai soldati israeliani come scudi umani durante l’Operazione Margine Protettivo.

Ahmad Abu Raida, ora 17enne, stava fuggendo dalle bombe insieme alla sua famiglia quando, il 23 luglio scorso, i soldati israeliani lo hanno rapito. La sua storia è stata raccontata da Samer Badawi sul magazine israelo-palestinese +972 basandosi sulla dichiarazione scritta rilasciata da Ahmad. Durante la prigionia, durata cinque giorni, il ragazzo è stato usato come scudo umano nelle ricerche di tunnel e rampe di lancio missilistiche delle brigate della resistenza palestinese.

“Gli ho detto di non saperne nulla”, ha dichiarato Abu Raida riferendosi al “capitano”, il soldato che faceva continuamente domande sui tunnel. “Sono giovane. Ho 17 anni (appena compiuti, ndr). Cosa dovrei saperne io? Ma lui si è arrabbiato e ha iniziato a tirarmi calci e pugni”. Il caso di Abu Raida è stato documentato da Defense for Children International-Palestine.

“Stavo piangendo e lo ho pregato di smettere, ma lui non ha mostrato alcuna misericordia. Ha continuato a colpirmi e ha rovesciato un bicchiere d’acqua sui miei pantaloni. Mi ha insultato usando parole molto sporche che io conoscevo, e altre parole che non avevo mai neanche sentito. Anche i soldati che non parlavano arabo mi hanno insultato. Mi hanno poi minacciato di ‘ficcare un bastone nel mio… fondoschiena’ se non avessi detto loro dove si trovavano i tunnel”.

Tentativo di fuga

Il calvario del ragazzo è stato preceduto da due giorni di intensi bombardamenti da parte dell’artiglieria israeliana, che ha preso di mira le abitazioni vicino al confine. Quando la famiglia ha deciso di provare a fuggire a piedi, è stata fermata dai soldati di invasione.

LEGGI ANCHE:   La vita in un campo profughi palestinese, tra arresti preventivi e sogni sospesi

“Ho sentito un soldato, dall’alto di un carro armato, ordinare a donne, bambini e anziani di mettersi da un lato, e quelli di età compresa tra i 20 e i 40 anni di mettersi dall’altro lato della strada”.

I membri del secondo gruppo sono stati allontanati verso un campo e i soldati li hanno fatto spogliare, lasciandoli in mutande. Alla vista di questa scena, il ragazzino ha “fatto due passi indietro per vedere cosa stesse succedendo”, come si legge nel giuramento scritto rilasciato da Ahmad. Immediatamente un soldato lo ha trascinato verso il campo (a circa 100 metri dal gruppo di uomini spogliati), gli ha legato le mani con un filo di plastica e lo ha fatto inginocchiare. “Non sei un umano, sei un cane”, diceva mentre lo prendeva a calci e pugni. Quando gli uomini sono stati portati altrove per essere interrogati, il gruppo di donne, bambini e anziani è stato lasciato andare. Ma non Abu Raida: bendato e lasciato in mutande, il ragazzo è stato portato in un altro edificio.

Ahmad Abu Raida legge una lettera scritta durante la sua cattura (foto: DCI-Palestine)
Ahmad Abu Raida legge una lettera scritta durante la sua cattura (foto: DCI-Palestine)

 

“Quando mi hanno tolto la benda, ero in una casa, circondato da più di 20 soldati”, ha dichiarato Abu Raida a DCI-Palestine. Un uomo “in uniforme militare” si è avvicinato al ragazzo urlandogli in un arabo stentato: “Devo regolare i conti con Hamas. Sei di Hamas?” Il terrore che il giovane ha provato la prima notte era aggravato dal fatto che non aveva idea di cosa stesse succedendo. “Non c’era nessun altro nella zona”.

LEGGI ANCHE:   Cronistoria di una catastrofe prevedibile

Alla ricerca dei tunnel

Il giorno successivo Abu Raida è stato portato fuori dalla casa da un soldato che lo ha fatto “camminare davanti a lui, ordinando in un arabo stentato di girare a destra o sinistra”. Il soldato, che camminava a circa tre metri di distanza, lo ha condotto in altre due case (abbandonate dagli abitanti in preda al panico) ordinandogli di cercare i tunnel. Quando il ragazzo gli ha detto che non ve ne erano, il “capitano” (così si faceva chiamare) “ha iniziato a tirarmi calci e pugni. Ha persino preso un cavo con cui mi ha colpito alla schiena”.

“Stavo piangendo e lo ho pregato di smettere, ma lui non ha mostrato alcuna misericordia. Ha continuato a colpirmi e ha rovesciato un bicchiere d’acqua sui miei pantaloni. Mi ha insultato usando parole molto sporche che io conoscevo, e altre parole che non avevo mai neanche sentito. Anche i soldati che non parlavano arabo mi hanno insultato. Mi hanno poi minacciato di ‘ficcare un bastone nel mio… fondoschiena’ se non avessi detto loro dove si trovavano i tunnel”.

Il giorno seguente, dopo altre ricerche forzate, il ragazzo è stato chiuso a chiave in una stanza di un’altra casa abbandonata. Là ha trovato una penna e un taccuino, su cui ha scritto una lettera per la famiglia:

“Venerdì 25 luglio sono stato con i soldati di occupazione israeliana che mi hanno chiuso a chiave in questa stanza. Non so se vivrò o se mi uccideranno. Non so nulla di ciò che mi succederà. Scrivo questa lettera sperando che qualcuno la trovi e che ne parli alla mia famiglia. Se dovessi morire o essere arrestato, per favore salutatemi la mia famiglia. Ahmad Jamal Abu Raida”.

LEGGI ANCHE:   Covid e occupazione stanno stritolando ciò che resta della Palestina
La lettera
La lettera

 

Anche i giorni successivi i soldati hanno perlustrato le case alla ricerca di tunnel usando il giovane Abu Raida come scudo umano per evitare di essere colpiti da miliziani eventualmente nascosti nelle case devastate dalle bombe o abbandonate. Abu Raida ha dovuto scavare anche nei pozzi neri, con i mitra dei soldati puntati. E quando si è rifiutato di continuare perché stanco o affaticato, è stato preso a calci e pugni. Lo hanno anche costretto a “sedersi e alzarsi per 60 volte consecutive”. Gli hanno persino proposto di “fare la spia per loro”: Abu Raida ha ovviamente rifiutato, e i soldati hanno indicato i cani utilizzati nell’operazione militare dicendo: “Vedi quel cane? È migliore di te”.

Il quinto giorno i soldati gli hanno ridato i vestiti e lo hanno lasciato andare.


Profilo dell'autore

Redazione
Redazione
Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.

8 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.