Mosul – E’ di poche ore fa la notizia dell’omicidio dell’avvocatessa Samira al Nuaimy, accusata di apostasia. Samira era un’attivista per i diritti delle donne e delle minoranze; è stata torturata e giustiziata in pubblico da jihadisti dello Stato islamico.
A diffondere la notizia è stato l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ ad al- Hussein, spiegando che la donna era stata prelevata il 17 settembre scorso dalla sua abitazione di Mosul, nel nord dell’Iraq, dopo aver a lungo criticato su diversi social network le azioni di devastazione e distruzione condotte dall’Is contro santuari e antiche moschee.
Accusata di apostasia, al-Nuaimy è stata torturata per cinque giorni prima di essere giustiziata in piazza da un plotone di esecuzione. L’esecuzione è avvenuta lunedì scorso. La donna si era rifiutata di fare atto di pentimento per le opinioni espresse. Il corpo abbandonato sul ciglio di una strada, ai familiari il divieto di seppellirla. «Questa orrenda esecuzione pubblica di una donna coraggiosa la cui unica arma erano le parole che usava per difendere i diritti umani smaschera l’ideologia fallimentare dell’Is e dei suoi alleati», ha commentato l’Alto Commissario Onu.
L’uccisione dell’avvocato è stata confermata dal Centro per i diritti umani del Golfo, il quale l’ha definita come un «crimine contro l’umanità». Le Nazioni Unite hanno più volte denunciato attacchi e violenze contro le donne a Mosul, città che da giugno è sotto il controllo dell’Is. «Sono a rischio – si legge in un recente rapporto dell’Onu – soprattutto le donne istruite e le professioniste».
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